Riassunto quinto libro dell’Iliade – Diomede
Potenziato da Athena, Diomede si scatena. Nessun troiano riesce a fermarlo. Persino Pandaro, colui che lo aveva ferito, cade trafitto dalla sua lancia. In un crescendo epico, affronta anche Enea, principe troiano destinato a diventare leggenda nei versi di Virgilio. Lo ferisce gravemente, ma prima che possa finirlo, interviene la madre di Enea: Afrodite.
Contravvenendo al ruolo consueto delle divinità, la dea si cala tra gli uomini per salvare il figlio. Ma Diomede non esita: afferra la sua lancia e ferisce Afrodite al polso, costringendola alla fuga verso l’Olimpo. Là, viene soccorsa dalla madre Dione, mentre Zeus, sovrano degli dei, le intima di astenersi dalle battaglie — l’amore e la guerra, dopotutto, sono mondi separati.
Ma Diomede, ormai privo di freni, non si ferma. Quando Apollo, il dio arciere, arriva per proteggere Enea, il guerriero osa alzare la lancia anche contro di lui. Il gesto è sacrilego: Apollo lo respinge con una sola parola, lo ammonisce, e salva Enea portandolo via in un turbine divino. Per non scoraggiare i troiani, lascia sul campo un’illusione del corpo dell’eroe, e chiama in aiuto Ares, il dio della guerra.
L’arrivo di Ares ribalta le sorti dello scontro. Al fianco di Ettore, il più valoroso dei troiani, semina terrore tra le fila greche. Anche Diomede comincia a vacillare. Sarpedonte, un altro formidabile guerriero troiano, uccide Tlepolemo, figlio di Eracle. Solo l’astuto Odisseo riesce a contenere momentaneamente l’ondata troiana, ma le perdite tra i greci sono gravi.
A questo punto, le dee protettrici degli Achei, Era e Athena, ottengono da Zeus il permesso di intervenire. Hera raduna l’esercito greco, mentre Athena torna da Diomede, gli restituisce il coraggio e revoca il divieto: ora può combattere anche contro Ares.
Ed è così che un uomo, accompagnato da una dea sul carro, si scaglia contro il dio della guerra. In un impatto tremendo, Diomede ferisce Ares con la lancia, aiutato da Athena che guida il colpo. Ares, urlando di dolore, abbandona il campo e vola sull’Olimpo per lamentarsi con Zeus. Ma il padre degli dei non ha pietà: “Tu sei il più odioso tra gli dei – gli dice – e meriti ogni ferita.”
Con la ritirata di Ares, anche le dee lasciano il campo. La battaglia, per un attimo, rallenta. Ma ciò che è accaduto resta impresso nella memoria: un mortale ha osato ferire due divinità in un solo giorno. È il canto di gloria di Diomede, un uomo che per un attimo ha camminato tra gli dei.