Tra i grandi miti della Grecia antica, la caccia al cinghiale calidonio occupa un posto speciale. È un racconto che unisce avventura, amore, eroismo e destino tragico, e che ci parla della fragilità dell’uomo di fronte alle forze divine e al fato.
Le origini di Meleagro
Meleagro nacque a Calidone, figlio del re Eneo e di Altea. Fin dalla nascita, le Moire – le tre divinità che presiedono al destino – ne segnarono la sorte. Cloto predisse che sarebbe stato un eroe, Lachesi elencò le imprese future, ma Atropo annunciò che la sua vita sarebbe durata quanto un ceppo di legno acceso nel focolare. Per proteggerlo, la madre nascose il legno, sperando di ingannare il destino.
L’ira di Artemide e la comparsa del mostro
Un giorno, il re Eneo dimenticò di offrire sacrifici ad Artemide, la dea della caccia. La dea, offesa, inviò un enorme cinghiale a devastare le campagne di Calidone. Per liberare la sua terra, Eneo radunò i più grandi eroi della Grecia, tra cui Giasone, Teseo, Peleo, Castore e Polluce, e molti altri celebri guerrieri.
Tra loro c’era anche Atalanta, la cacciatrice cresciuta nei boschi d’Arcadia, unica donna del gruppo e abile con l’arco e nella corsa.
La grande caccia
La lotta contro il cinghiale durò diversi giorni e costò la vita a molti eroi. Fu Atalanta la prima a ferire l’animale con le sue frecce, seguita da Anfiarao. Alla fine, Meleagro riuscì a sferrare il colpo mortale.
In segno di riconoscenza e amore, il giovane eroe volle donare la pelle del cinghiale proprio ad Atalanta. Ma questo gesto scatenò l’ira dei fratelli della madre, che si sentirono offesi e tentarono di strapparle il trofeo.
Il destino compiuto
Meleagro, accecato dall’ira, uccise gli zii. Quando la madre Altea apprese la notizia, travolta dal dolore per la morte dei fratelli, prese il ceppo di legno nascosto fin dalla nascita del figlio e lo gettò nel fuoco. Così, il destino si compì: quando il legno si consumò, anche la vita di Meleagro si spense.
Un mito di eroismo e tragedia
Dopo la morte di Meleagro, anche sua moglie Cleopatra e la stessa Altea non ressero al dolore e si tolsero la vita. Artemide, impietosita, trasformò le donne del palazzo in uccelli – le meleagridi – condannate a piangere per sempre la scomparsa del giovane eroe.
Questo mito, che unisce gloria e distruzione, ci ricorda quanto nei racconti antichi il destino fosse una forza ineluttabile, più potente persino del coraggio degli uomini e delle donne che affrontavano mostri e guerre.