Ida e Marpessa: una storia di amore, sfida e saggezza ambientata nella Messenia dell’antica Grecia. Tra dei e mortali, una scelta che insegna il valore della misura umana.
INDICE: IDA E MARPESSA
La terra di Messenia e l’origine della contesa
Nella regione sud-occidentale del Peloponneso, in Messenia, si snoda una delle più suggestive saghe mitologiche della Grecia antica. Questa narrazione intreccia le vicende di due coppie di gemelli: Ida e Linceo, figli del re Afareo (ma in realtà Ida è generato da Poseidone), e Castore e Polluce, i Dioscuri figli di Tindaro, anche se Polluce vanta Zeus come vero padre. La saga supera i confini della sola Laconia, coinvolgendo la Messenia in una lunga sequenza di episodi conflittuali tra i gemelli messeni e quelli laconi.
Il seme dell’ostilità è un rapimento: Castore e Polluce, con un colpo di mano, sottraggono le figlie di Leucippo, cugine e promesse spose di Ida e Linceo. Questo gesto infiamma una rivalità che segnerà per sempre il destino dei protagonisti.
La prova di Eneo e la bellezza di Marpessa
All’interno di questo contesto, si inserisce la storia di Marpessa. Ida, eroe audace e irrequieto, decide di cercare altrove la donna che possa appagare i suoi desideri. La sua attenzione si volge verso la lontana Etolia, dove il re Eneo custodisce gelosamente la figlia Marpessa, celebre per la sua straordinaria bellezza.
Molti pretendenti, attratti dalla fama della giovane, accorrono da ogni parte della Grecia. Ma Eneo, deciso a proteggere la figlia o a ritardarne il matrimonio, impone una crudele condizione: una gara di corsa con i carri. Il vincitore otterrà la mano di Marpessa; gli sconfitti pagheranno con la vita. Forte di cavalli donatigli da Ares, Eneo trionfa facilmente, esponendo come trofei le teste degli sventurati sulle porte del suo palazzo.
L’intervento divino e il rapimento di Marpessa
Ida, deciso a vincere, si rivolge a Poseidone, che gli concede un carro trainato da puledri bianchi, rapidi come il vento. Con fiducia, l’eroe si dirige verso la città di Eneo. Quando arriva, scorge nel recinto del tempio di Artemide un gruppo di giovani donne danzanti, tra cui Marpessa, che spicca per bellezza.
Lo sguardo tra Ida e Marpessa è fulmineo e carico di presagi: lei, stanca di essere pedina della crudeltà paterna, riconosce nel giovane il compagno destinato. Senza indugi, Ida la afferra, la fa salire sul carro e fugge. Eneo, informato, si lancia all’inseguimento, ma è vano: vede Ida oltrepassare il fiume Licormo e, disperato, si getta nelle sue acque.
La Sfida di Apollo e la Scelta di Marpessa
Fuggiti in Messenia, Ida e Marpessa si trovano di fronte a un nuovo ostacolo: Apollo stesso, invaghitosi della fanciulla, si oppone al loro amore. L’eroe, pur consapevole del pericolo, decide di affrontare il dio con arco e frecce.
La situazione rischia di degenerare fino all’intervento di Zeus, che, per evitare l’ennesima tragedia, affida a Marpessa la scelta del suo sposo. La giovane, conscia della sua mortalità, rifiuta Apollo, preferendo un destino umano accanto a Ida: “Quando il tempo sfiorirà la mia bellezza, un dio mi abbandonerebbe, mentre un mortale, compagno della mia sorte, invecchierà con me”.
La lezione di Marpessa e la natura di Apollo
Le parole di Marpessa ribaltano uno dei principi fondanti della sapienza delfica: “Conosci te stesso”. Nella consapevolezza della propria natura mortale, Marpessa dimostra una saggezza rara, opposta all’hybris che spesso segna il destino dei mortali che sfidano gli dei.
La lezione che si sprigiona da questo mito è chiara: la conoscenza dei propri limiti è la chiave della vera sapienza. Apollo, in altre vicende, punisce con ferocia chi osa offenderlo o sfidarlo, manifestando così il suo ruolo purificatore: come libera la terra da mostri e belve, così estirpa l’arroganza umana.
In questa cornice, il mito di Marpessa assume un valore universale: il rispetto della misura umana è l’unico vero antidoto contro l’ira divina, l’unica via per una vita autentica e serena, consapevole della propria fragilità e del proprio valore.
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- Robert Graves – I miti greci Prima della scienza, prima della religione, c’è il mito. Modo ingenuo – ci dicono – modo fantasioso, spregiudicato e prescientifico, di spiegare l’origine delle cose e degli uomini, gli usi i costumi e le leggi. Filologia, etnografia, antropologia hanno lacerato il velo del mito, evidenziandone le radici ideologiche, il retroterra di superstizione e di magia.