HomeMitologia grecaIl viaggio degli eroi greci verso Troia

Il viaggio degli eroi greci verso Troia

Menelao fu informato da Iris, messaggera degli dèi, di quanto accaduto in patria: la moglie Elena era stata rapita. Superato lo smarrimento iniziale e la furia, decise di recarsi ad Argo dal fratello Agamennone per chiedere consiglio. Il re dei Micenei fu perentorio: Menelao, in quanto sposo tradito, non aveva altra scelta che muovere guerra a Troia. Non solo per riprendersi la moglie, ma per infliggere una tale distruzione da rendere chiaro a tutti quale fosse il prezzo del tradimento.

I principi di Grecia, legati da un antico giuramento fatto a Tindaro, sarebbero stati pronti ad aiutarlo. Agamennone, assunto il comando dell’impresa, si caricò di un onore, ma anche di un pesante fardello: quella si preannunciava come la guerra più terribile mai combattuta.

Menelao, grato per l’appoggio, decise di consultare anche Nestore, il vecchio re di Pilo, noto per la sua saggezza. Il vegliardo, ascoltato il piano, non si sorprese. I suoi occhi si velarono di malinconia mentre raccontava episodi del passato, ammonendo su quanto spesso bellezza e passione si tramutino in tragedia. Parlò di Antìope, di Edipo, di Eracle, e infine di Arianna, abbandonata da Teseo dopo averlo aiutato a sconfiggere il Minotauro.

Ma Nestore non volle lasciare Menelao nel turbamento. Gli offrì una coppa di vino, affinché almeno per una notte potesse dimenticare l’angoscia che lo attanagliava.

Dopo il colloquio con Nestore, Menelao e Agamennone iniziarono a viaggiare per la Grecia in cerca di alleati. In ogni città ricordavano il giuramento prestato a Tindaro e sottolineavano come, senza una giusta punizione, ciò accaduto a Sparta potesse capitare a chiunque.

Ovunque trovarono sostegno. Ma quando giunsero a Itaca, il re Odisseo finse follia: compiva gesti insensati e pronunciava parole prive di senso. I due fratelli, perplessi, se ne andarono con il sospetto che fingesse. Quando ne parlarono agli altri capi, nessuno ebbe dubbi: Odisseo stava simulando. Tutti insieme si recarono quindi a Itaca. Palamede, eroe argivo, suggerì un piano: strappare il piccolo Telemaco dalle braccia della madre e minacciarlo. Odisseo, vedendo il figlio in pericolo, abbandonò ogni finzione e lo protesse con veemenza, rivelando così il suo inganno. Ormai smascherato, fu costretto ad aderire alla spedizione. Ma giurò vendetta contro Palamede.

Un altro eroe da reclutare era Achille, ancora giovanissimo, ma già celebre per il suo valore. Quando infine anche lui si unì, l’intero esercito greco si radunò ad Aulide, in Beozia, pronto a salpare verso Troia.

Durante i sacrifici agli dèi, si verificò un prodigio: un serpente uscì dal terreno, divorò otto pulcini e la madre, poi si pietrificò. Calcante, l’indovino, lo interpretò come presagio: nove anni di guerra sarebbero stati necessari prima della vittoria finale.

Salpati da Aulide, i Greci navigarono per giorni, finché scorsero una città che credevano Troia. In realtà si trattava di Teutra, nella Misia. Attaccarono erroneamente, scatenando l’ira del re Telefo, figlio di Eracle, che inflisse gravi perdite agli invasori.

I Greci compresero l’errore e ripresero il mare, ma una violenta tempesta li disperse in ogni direzione. Achille fu spinto a Sciro, dove fu accolto nuovamente dal re Licomede e poté riabbracciare Deidamia, da cui aveva avuto un figlio, Neottolemo. Pur desideroso di rimanere, capì che non poteva sottrarsi al proprio destino, e sposò la giovane, legando con lei un vincolo eterno.

Passarono diversi anni prima che gli eroi greci potessero riunirsi di nuovo. Ma non abbandonarono il proposito della guerra. Si radunarono ad Argo, pronti a riprendere la via di Troia. Intanto, Telefo soffriva ancora per una ferita ricevuta da Achille. Consultato l’oracolo di Apollo, apprese che solo chi l’aveva ferito poteva guarirlo.

Giunto ad Argo, si prostrò davanti ad Achille, offrendo ogni aiuto in cambio della guarigione. Il figlio di Peleo, colpito, sfregò sulla ferita della ruggine proveniente dalla propria lancia, e miracolosamente Telefo guarì. In segno di riconoscenza, promise di guidare i Greci sulla rotta corretta verso Troia.

Ma ancora una volta il maltempo li costrinse a ritardare la partenza. Il fato sembrava voler mettere alla prova la loro determinazione.

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