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Cometo e Melanippo: il mito dell’amore proibito e punizione divina nel tempio di Artemide

Cometo e Melanippo: la tragica storia d’amore di due giovani puniti da Artemide per aver violato i sacri vincoli religiosi. Passione, colpa e vendetta divina, offrendo uno spunto sulla concezione antica del sacerdozio femminile e sull’inflessibilità delle leggi sacre.

INDICE COMETO E MELANIPPO

Due giovani destinati all’amore

Nella terra di Patrasso, in un tempo imprecisato e lontano, viveva Cometo, una fanciulla dalla bellezza rara, consacrata ad Artemide come sacerdotessa. Vergine e devota a severe regole imposte dal culto della dea, custode della purezza e della natura incontaminata. Il suo ruolo era chiaro: rimanere casta fino al matrimonio, momento in cui avrebbe abbandonato l’incarico.

Lui era Melanippo, un giovane il cui aspetto e portamento superavano quelli di qualsiasi suo coetaneo. Bello, forte e ardente, Melanippo si innamorò perdutamente di Cometo. I suoi sentimenti non rimasero senza eco: la fanciulla, inizialmente restia, finì col ricambiare l’amore del giovane, travolta da un sentimento più forte delle leggi umane e divine.

Il rifiuto della società

Nonostante il sentimento che li legava fosse autentico, la loro unione non venne accolta favorevolmente. Le famiglie di entrambi si opposero con fermezza all’unione: da un lato i doveri religiosi di Cometo, dall’altro le aspettative sociali e familiari che pesavano su Melanippo. L’amore tra i due venne così vissuto in segreto, coltivato nell’ombra e nella disperazione.

Ma il desiderio non poteva più essere contenuto. La passione che li univa era troppo intensa per essere soffocata. Spinti dal sentimento e dalla ribellione, i due giovani decisero di consumare il loro amore in un luogo che avrebbe dovuto rimanere inviolabile: il santuario di Artemide stessa.

Il sacrilegio e l’ira divina

Il tempio, luogo sacro e inviolabile, divenne il talamo di Cometo e Melanippo. Quel gesto fu più che una trasgressione: fu un sacrilegio. Artemide, dea severa e vendicativa, non poté tollerare un simile affronto, soprattutto da parte di una sua stessa sacerdotessa. L’ira della dea non si abbatté solo sui due amanti, ma si estese a tutta la regione.

La terra divenne sterile: i campi non producevano più frutti e malattie sconosciute iniziarono a diffondersi, mietendo vittime in ogni casa. La popolazione, confusa e angosciata, si rivolse agli dèi per comprendere la causa di tanta sventura. Si decise così di consultare l’oracolo di Delfi.

Il verdetto dell’oracolo

L’oracolo fu chiaro e terribile: la colpa era del sacrilegio compiuto da Cometo e Melanippo nel tempio di Artemide. Per placare la collera della dea, non bastava punire i due colpevoli. Il responso fu implacabile: i due giovani dovevano essere sacrificati, e ogni anno, per espiare l’offesa, sarebbe stato necessario offrire ad Artemide un fanciullo e una fanciulla tra i più belli della città.

La decisione fu durissima, ma il popolo, spaventato dall’ira divina, accettò il crudele tributo. Cometo e Melanippo furono uccisi, vittime di un amore che aveva sfidato le regole del sacro e del sociale.

Il significato del mito

Col tempo, il sacrificio annuale fu abolito, segno che l’ira di Artemide si era infine placata. Tuttavia, il mito di Cometo e Melanippo sopravvisse come monito contro la trasgressione e come riflessione sulle leggi del sacro.

La storia non narra di violenza o inganno, ma di un amore vissuto consapevolmente contro ogni norma. È significativo che i trasgressori non siano banditi o stranieri, ma una sacerdotessa e un giovane cittadino, simboli di purezza e virtù. La responsabilità religiosa e quella sociale si incontrano e si fondono nella condanna.

Cometo, in particolare, rappresenta un modello di devianza non per malizia, ma per passione. Il suo tradimento è duplice: verso la dea e verso la sua stessa funzione di vergine consacrata. Il mito, dunque, non solo racconta un dramma umano, ma illustra le rigide strutture religiose dell’antica Grecia, dove anche l’amore più puro poteva trasformarsi in colpa e condanna.

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