Quando pensiamo ad Anchise, l’immagine comune è quella di un vecchio stanco portato sulle spalle da Enea durante la fuga da Troia. Ma il mito antico racconta un’altra storia: Anchise era giovane, bello come Paride, Giasone e Teseo, tanto che Igino, grande raccoglitore di curiosità mitologiche, lo inserì nella classifica dei mortali più belli.
Afrodite e il piano di Zeus: l’amore come punizione
Afrodite, dea dell’amore, si divertiva spesso a far innamorare dei e mortali per puro piacere. Stanco dei suoi giochi, Zeus decise di punirla: la fece innamorare perdutamente di un semplice mortale. Questo mortale era proprio Anchise, pastore sul Monte Ida e futuro re dei Dardani.
Un giorno, mentre pascolava il gregge, Afrodite lo vide e ne fu conquistata all’istante. Per sedurlo, si presentò di notte, avvolta solo da una tunica trasparente che lasciava intravedere il suo corpo divino.
L’inganno della dea: la notte d’amore
Per non spaventarlo, Afrodite mentì sulla sua identità, fingendosi figlia di un principe. Anchise, stregato dalla sua bellezza, non resistette. Solo all’alba la dea rivelò la verità, aggiungendo una profezia:
“Da questa unione nascerà un figlio illustre, padre di una stirpe gloriosa.”
Quel figlio sarebbe stato Enea, eroe troiano e futuro capostipite della stirpe romana.
Una promessa violata e la collera di Zeus
Afrodite impose ad Anchise una condizione: non doveva mai rivelare di aver giaciuto con una dea, altrimenti Zeus lo avrebbe punito. Ma Anchise, durante una festa e complice il vino, si vantò con gli amici. La punizione fu immediata: Zeus lo colpì con un fulmine, piegandolo in due per il resto dei suoi giorni.
Enea salva Anchise: la fuga da Troia
Anche se anziano e infermo, Anchise giocò un ruolo fondamentale durante la distruzione di Troia. Quando la città fu incendiata, Enea lo prese sulle spalle, insieme al piccolo Ascanio, e li salvò dalle fiamme, diventando simbolo di pietà filiale e coraggio.
La morte di Anchise e l’ultimo addio
Dopo molte peregrinazioni, Anchise morì a Drepano (oggi Trapani), sfinito dalle sofferenze del viaggio. Nell’Eneide, Virgilio fa pronunciare ad Enea parole strazianti:
“Oppresso da tanti affanni, esposto a innumerevoli pericoli, il mio adorato padre mi abbandonò.”
Anche nella morte, Anchise rimase per Enea simbolo di forza, guida e radice della sua missione.
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FAQ su Anchise
Chi era Anchise?
Anchise era un principe troiano, discendente di Dardano, e quindi appartenente a una stirpe nobile. Nella tradizione mitologica, è ricordato soprattutto come padre di Enea, l’eroe troiano che diede origine alla stirpe dei Romani.
Come Anchise conobbe Afrodite?
Secondo il mito, Zeus volle punire Afrodite per i suoi giochi d’amore, facendola innamorare di un mortale: Anchise. La dea lo vide mentre pascolava il gregge sul Monte Ida e ne rimase affascinata. Per sedurlo, si presentò a lui fingendosi una principessa mortale.
Cosa accadde la notte in cui Afrodite e Anchise si amarono?
Afrodite trascorse con Anchise una notte d’amore, senza rivelare la sua vera identità. Solo al mattino gli confessò di essere una dea e gli annunciò che dal loro incontro sarebbe nato un figlio destinato alla gloria: Enea.
Perché Zeus punì Anchise?
Afrodite aveva imposto ad Anchise di non rivelare mai di aver giaciuto con una dea. Tuttavia, una notte, ubriaco durante una festa, si vantò della sua conquista. Zeus, offeso dall’arroganza umana, lo colpì con un fulmine, lasciandolo zoppo e curvo per sempre.
Quale fu il ruolo di Anchise durante la guerra di Troia?
Durante la caduta di Troia, Anchise era ormai anziano e infermo. Enea, obbedendo al dovere filiale, lo portò in salvo sulle spalle mentre la città bruciava. Questa scena, narrata da Virgilio nell’Eneide, divenne simbolo eterno di pietà filiale e sacrificio.
Dove morì Anchise?
Anchise morì durante il viaggio di Enea, a Drepano, l’attuale Trapani in Sicilia. Virgilio descrive la sua morte come uno dei momenti più tristi dell’Eneide, sottolineando il dolore profondo di Enea per la perdita del padre.
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- L. Trentini – Mitologia greca
- Robert Graves – I miti greci Prima della scienza, prima della religione, c’è il mito. Modo ingenuo – ci dicono – modo fantasioso, spregiudicato e prescientifico, di spiegare l’origine delle cose e degli uomini, gli usi i costumi e le leggi. Filologia, etnografia, antropologia hanno lacerato il velo del mito, evidenziandone le radici ideologiche, il retroterra di superstizione e di magia.