Quando i Greci giunsero finalmente in vista della terra, dalle navi riuscirono a distinguere chiaramente i contorni di una rocca turrita e maestosa che si stagliava contro l’orizzonte. Il messaggero confermò ciò che molti già sospettavano: si trattava di Troia, la città dalle alte mura. Un boato di gioia esplose tra i marinai quando le navi toccarono la riva. Ma la loro discesa fu ostacolata da un contingente di guerrieri troiani pronti a respingerli. Tra di loro, imponente per forza e statura, si distingueva Ettore, primogenito di Priamo.
Achille, impaziente di affrontare i nemici, era già pronto a gettarsi nella mischia, quando sua madre, Teti, emerse dal mare per metterlo in guardia: chi avesse toccato per primo il suolo troiano, sarebbe stato anche il primo a cadere. Mentre il figlio ascoltava queste parole, un altro guerriero balzò a terra: era Protesilao, il cui stesso nome – “il primo a saltare” – preannunciava il suo destino. Gridò ai Troiani di farsi avanti: era lì per affrontarli e distruggerli.
Dopo aver abbattuto molti nemici, Protesilao si trovò di fronte a Ettore. Lo sfidò apertamente, ma nel suo sguardo cupo lesse un presagio di morte. Lo scontro fu breve: Protesilao cadde. Si racconta che sua moglie, Laodamia, incapace di sopportare il dolore della perdita, si tolse la vita.
La morte del primo eroe greco non fu vana: molti, ispirati dal suo coraggio, sbarcarono. Così ebbe inizio la lunga e aspra guerra tra Achei e Troiani. Achille, tra tutti, si distinse per il suo valore, arrivando perfino a uccidere Cicno, figlio del dio Poseidone.
Dopo i primi scontri, entrambi gli schieramenti si ritirarono per onorare i caduti. I Greci inviarono ambasciatori a Troia, chiedendo la restituzione di Elena e dei tesori che Paride aveva portato via. Ma la risposta non arrivò mai: le mura della città erano forti, e l’orgoglio dei Troiani ancor più.
Con il tempo, per procurarsi viveri e ricchezze, i Greci cominciarono a saccheggiare le città vicine, spesso alleate di Troia. Questo però permise ai Troiani di uscire occasionalmente dalle mura, meno assediati. Achille, nel frattempo, si tormentava per lo stallo. In cuor suo pensava a Elena, la donna causa del conflitto. Desiderava vederla, per giudicare con i propri occhi se la sua bellezza giustificasse tanto dolore.
Fu così che chiese a sua madre e ad Afrodite, protettrice di Elena, di condurlo da lei. Le due dee esaudirono il suo desiderio, e Achille fu folgorato dalla sua bellezza. Al suo ritorno, trovando i compagni stanchi e scoraggiati, li spronò: quella donna valeva ogni sacrificio.
Rinfrancato, Achille si dedicò a nuove imprese. Apprese che sul monte Ida pascolavano immense mandrie appartenenti a Enea, e partì per razziarle. Lì affrontò e uccise molti pastori, risparmiando solo Enea, che fuggì. In un’altra incursione conquistò le città di Lirnesso e Pedaso, e fece prigioniera Briseide, una giovane nobile che tenne per sé.
In seguito, affrontò Troilo, il più giovane dei figli di Priamo. Un oracolo aveva predetto che, se fosse vissuto oltre i vent’anni, Troia non sarebbe mai caduta. Achille lo sorprese presso una fonte, dove si trovava anche la bellissima Polissena, sorella di Troilo. Dopo aver ucciso brutalmente il giovane nel tempio di Apollo, cercò invano la fanciulla, che era fuggita. Altra vittima di Achille fu Licaone, anch’egli figlio di Priamo. Catturato, fu venduto come schiavo da Patroclo.
Le razzie greche si spinsero fino alla Cilicia, dove, nel tempio di Artemide, trovarono Criseide, figlia del sacerdote Crise, e la condussero ad Agamennone come schiava. Ma una carestia colpì il campo greco: i raccolti erano arsi, gli animali morivano, e i guerrieri, stremati, erano costretti a nutrirsi di pesce. In cerca di soluzioni, Agamennone riunì i capi. Allora Palamede raccontò di quando, durante il viaggio, era approdato a Delo, dove il re dell’isola gli aveva offerto ospitalità e l’aiuto delle sue tre figlie, le Enotri: Elide, Spermo ed Eno, dotate dal dio Dioniso del potere di far scaturire dalla terra vino, olio e grano.
Palamede allora si recò a Delo, e le tre fanciulle salvarono l’esercito greco dalla fame. Ma il suo successo suscitò l’invidia di Odisseo, che non gli aveva mai perdonato di averlo smascherato quando aveva finto la follia per evitare la guerra. Così, insieme a Diomede, lo attirò in un agguato mentre andava a pesca, e lo fece uccidere.
I Greci, tornati forti, sembravano ormai vicini alla vittoria. Era quasi il decimo anno, proprio come avevano predetto gli oracoli. Ma Zeus, che aveva voluto la guerra per alleggerire il peso dell’umanità sulla terra, vedeva che essa non si era ancora compiuta.
Nel frattempo, i Troiani radunavano tutti i loro alleati. La guerra non era ancora finita.