HomeMitologia grecaLe Grazie: dee della bellezza, della grazia e della gioia

Le Grazie: dee della bellezza, della grazia e della gioia

Scopri chi erano le Cariti, dee della mitologia greca della grazia, bellezza, danza e gioia. Origini, significato, culto e presenza nell’arte e nella letteratura.

Indice

Chi erano le Grazie

Le Cariti, conosciute anche come Charites o Caritidi, erano divinità greche della grazia, della bellezza, dell’ornamento, della gioia, della danza, del canto e della festività. Esse rappresentavano tutto ciò che rendeva la vita piacevole e armoniosa. Tradizionalmente considerate tre – Aglaia, Eufrosine e Talia – venivano spesso raffigurate come giovani donne nude che danzavano tenendosi per mano, coronate di mirto, simbolo di amore e immortalità.

Oltre alle tre principali, esisteva un nutrito seguito di Cariti minori che presiedevano a specifici piaceri della vita, come la crescita primaverile, i banchetti, la felicità, il gioco e la serenità.

L’origine delle Cariti è raccontata in diversi miti. La versione più diffusa, tramandata da Esiodo, Pindaro e Saffo, le vuole figlie di Zeus e della ninfa oceanina Eurynome. In altri racconti, esse sono considerate figlie di Dioniso e Afrodite, o di Era stessa. Alcune tradizioni più tarde, come quella di Antimaco, le descrivono come figlie del dio-sole Helios e della ninfa Aegle, enfatizzandone la bellezza radiosa.

Secondo Pausania, anche il numero delle Grazie poteva variare: i Beoti veneravano tre Cariti senza conoscerne i nomi originari; gli Spartani onoravano due, Cleta e Phaenna; gli Ateniesi riconoscevano invece Auxo e Hegemone.

Le funzioni e gli attributi delle Grazie

Le Cariti incarnavano numerosi aspetti della vita umana e divina:

  • Bellezza personale: erano dee della cura del corpo, dei profumi, degli ornamenti e dei gioielli.
  • Adornamento artistico: come moglie di Efesto, Aglaia simboleggiava la bellezza delle opere artigianali.
  • Festa, danza e canto: accompagnavano tutte le celebrazioni, anche quelle degli dei sull’Olimpo.
  • Persuasione e fascino: erano strettamente associate alla dea Peitho.
  • Gloria e fama: conferivano fama e onore, celebrando i vincitori delle gare e gli eroi.
  • Primavera e fiori: erano protettrici della fioritura e della decorazione floreale.

Le Grazie minori

Accanto ad Aglaia, Eufrosine e Talia, numerose altre Grazie venivano venerate:

  • Auxo: dea della crescita primaverile.
  • Antheia: dea dei fiori e delle ghirlande.
  • Euthymia: dea della serenità.
  • Hegemone: dea della guida.
  • Pasitea: dea del riposo e del sogno, sposa di Hypnos, il dio del sonno.
  • Kleta e Phaenna: dee della fama e dello splendore venerate a Sparta.

Le Grazie e gli altri dei

Le Grazie erano spesso al fianco di divinità maggiori:

    • Afrodite: come ancelle della dea della bellezza, si occupavano di prepararla con oli profumati e ornamenti.
    • Apollo e le Muse: accompagnavano il dio nelle danze e nei canti, rendendo sacri i momenti di festa.
    • Efesto: Aglaia, sotto il nome di Caris, era sua moglie, rappresentando l’ideale della bellezza artistica.
    • Hypnos: Pasitea, una giovane Carite, fu promessa sposa del dio del sonno da Hera.

Le Grazie avevano templi e culti specifici, in particolare a Orcomeno in Beozia e ad Atene. I loro riti erano caratterizzati da danze, canti e offerte floreali. In alcune celebrazioni, come a Paro, si omettevano strumenti musicali e corone per mantenere un tono di purezza e semplicità.

Le Cariti furono celebrate in numerosi poemi, inni e tragedie. Gli Inni Orfici le descrivono come “madri della gioia”, dispensatrici di piaceri puri e abbondanti. Pindaro canta la loro influenza su ogni aspetto della bellezza, della gloria e della sapienza umana.

Nel mito, persino gli dei immortali necessitavano dell’intervento delle Cariti per ordinare danze, feste e riti sacri.

Le Grazie, splendenti di luce, gioia e armonia, furono tra le figure più amate della mitologia greca. Simboli eterni di grazia, bellezza, festa e amore, hanno continuato ad ispirare arte, poesia e filosofia fino ai giorni nostri.

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