Il riassunto del dodicesimo libro dell’Odissea: le prove del mare
Il dodicesimo librodell’Odissea di Omero è uno dei più affascinanti e ricchi di avventure dell’intero poema epico. Dopo la discesa agli Inferi, Ulisse torna dall’incantatrice Circe, che gli rivela le terribili prove che dovrà affrontare prima di poter finalmente fare ritorno a Itaca. Tra sirene ammaliatrici, mostri marini e la collera degli dèi, il capitano acheo mostra ancora una volta il suo ingegno e la sua forza d’animo.
Il ritorno da Circe e i consigli della maga
Ulisse approda nuovamente sull’isola di Eea, dove seppellisce con onore il compagno Elpenore, morto cadendo dal tetto della casa di Circe.
La dea, benevola e saggia, lo avverte dei pericoli che lo attendono: le Sirene, la Stretta di Scilla e Cariddi, e infine l’isola del Sole, Trinacia, dove pascolano i sacri buoi di Elio.
Circe spiega come affrontare ciascun ostacolo, raccomandandogli prudenza e obbedienza agli dèi. Questi consigli saranno fondamentali per la sopravvivenza del re di Itaca.
Il canto delle Sirene
Seguendo i suggerimenti di Circe, Ulisse ordina ai suoi uomini di tappare le orecchie con cera d’api, mentre lui stesso si fa legare all’albero maestro per ascoltare il canto delle Sirene senza cadere vittima del loro inganno.
Il loro canto, dolce e irresistibile, promette conoscenza e verità sul futuro, ma cela la morte. Pur pregando di essere liberato, Ulisse resta vincolato, e la nave riesce a oltrepassare l’isola incolume.
Questa scena rappresenta una delle più celebri metafore della curiosità e del controllo dei desideri umani.
Scilla e Cariddi: il doppio pericolo
La navigazione prosegue e l’equipaggio si trova davanti a una scelta impossibile: passare vicino alla mostruosa Scilla, che con le sue sei teste divora i marinai, o rischiare di essere inghiottiti dalla voragine di Cariddi.
Ulisse decide di seguire la via consigliata da Circe, mantenendo la rotta verso Scilla. Il prezzo è alto: sei compagni vengono inghiottiti dal mostro, ma la nave evita la distruzione totale.
È un momento tragico e simbolico, in cui l’eroe deve accettare il sacrificio per salvare il gruppo.
L’isola del Sole e la punizione di Zeus
Sfinito, l’equipaggio approda infine a Trinacia, l’isola del dio Sole. Ulisse vorrebbe evitarla, ma Euriloco lo convince a fermarsi per riposare. Una tempesta, scatenata dagli dèi, li costringe a rimanere bloccati per un mese.
Affamati e disperati, i marinai — contro il volere del loro capo — uccidono e mangiano i buoi sacri del Sole.
Elio, indignato, chiede vendetta a Zeus, che risponde con una tempesta devastante: la nave affonda e tutti i compagni di Ulisse muoiono.
Solo Ulisse sopravvive, trasportato dalle onde fino a Cariddi, da cui scampa per miracolo, e infine approda sull’isola di Calipso, dove resterà prigioniero per anni.
Significato e temi del dodicesimo libro
Il dodicesimo libro dell’Odissea è una sintesi perfetta del viaggio eroico: coraggio, tentazione, perdita e saggezza si intrecciano in un racconto intenso e simbolico.
Omero mostra come Ulisse, pur dotato d’intelligenza e forza, debba continuamente confrontarsi con i limiti umani e il volere divino.
Le Sirene rappresentano la seduzione della conoscenza proibita, Scilla e Cariddi il dilemma tra due mali inevitabili, e l’isola del Sole l’arroganza che porta alla rovina.
Ulisse emerge come modello di resistenza e prudenza, guidato non solo dal desiderio di gloria, ma anche dal bisogno di ritrovare la propria casa e identità.
Il dodicesimo libro dell’Odissea segna la fine del viaggio marino di Ulisse e prepara il terreno per il suo ritorno a Itaca. È un canto ricco di avventure, simboli e lezioni morali che ancora oggi affascinano lettori e studiosi.
Tra il canto mortale delle Sirene e la furia degli dèi, Omero ci ricorda che la conoscenza e la sopravvivenza richiedono saggezza, coraggio e rispetto per il limite umano.
-> Riassunto dell’undicesimo libro dell’Odissea: il Nekyia e l’incontro con le ombre