Qual è stata la prima fatica di Eracle? Il racconto del leone di Nemea
Nel cuore del Peloponneso, tra i monti Treto e Apesanta, si trovava una grotta temuta da tutti: era la tana di un terribile leone, nato da Echidna e Orto, figlio del mostruoso Tifone. La creatura, considerata invulnerabile, scendeva nella valle di Nemea seminando distruzione tra uomini e animali. Secondo una leggenda, era stata inviata dagli dei per punire gli abitanti di Bendis, colpevoli di aver trascurato i rituali sacri.
Un’altra versione racconta che il leone fosse stato generato da Selene, la dea della Luna, e poi scagliato giù dal monte di Nemea per volere di Era.
Qualunque fosse l’origine della bestia, Euristeo ordinò a Eracle di affrontarla come sua prima grande impresa. L’eroe si mise in cammino, armato di spada, arco e frecce. Durante il tragitto incontrò un uomo di nome Molorco, che aveva perso il figlio e le greggi proprio a causa della belva. Quando Eracle gli spiegò la sua missione, Molorco fu così colpito da voler sacrificare il suo unico ariete in suo onore. Ma l’eroe rifiutò, proponendo di rimandare il sacrificio di un mese: se fosse tornato vivo, lo avrebbero offerto a Zeus; in caso contrario, lo si sarebbe fatto in memoria dell’eroe caduto.
Proseguendo il viaggio, Eracle scorse il leone e cercò di colpirlo con le frecce, ma la pelle dell’animale era impenetrabile. Provò allora con la spada e con la clava, ma senza successo. Alla fine, i due si affrontarono corpo a corpo in uno scontro violento. Dopo una lunga lotta, Eracle riuscì a stringere tra le braccia il collo del leone e a soffocarlo con la sola forza delle sue mani. Non riportò neanche un graffio.
Caricatosi la belva sulle spalle, tornò da Molorco e insieme offrirono l’ariete promesso a Zeus. In onore della vittoria, Eracle istituì delle gare atletiche a Nemea.
Con il leone ancora in spalla, l’eroe si diresse a Micene per mostrare il risultato della sua impresa a Euristeo. Alla vista della bestia, il re fu preso dal terrore e dallo stupore, tanto da proibire a Eracle di entrare di nuovo in città: da quel momento, gli avrebbe ordinato di esibire i suoi trofei fuori dalle mura.
Eracle tenne con sé la pelle del leone e cominciò a indossarla sempre: usava la testa dell’animale come elmo e il corpo come armatura. Secondo alcuni, non si trattava solo di protezione, ma anche di un simbolo sacro o di un talismano contro le forze maligne.
L’uccisione del leone rappresenta la prima delle dodici fatiche di Eracle, un racconto mitico ricco di significato, che esalta la forza e il coraggio dell’uomo di fronte all’impossibile.