Riassunto dell’undicesimo libro dell’Iliade – La crisi degli eroi
Nel cuore dell’Iliade, l’undicesimo libro ci catapulta in un crescendo di violenza, coraggio e disperazione. È l’alba di una giornata sanguinosa: Zeus, nel suo ruolo di burattinaio divino, fa piovere sangue sul campo acheo. È un presagio oscuro, che anticipa la carneficina che seguirà.
Agamennone brilla come un eroe epico, ma la sua gloria è breve. Dopo una feroce avanzata, viene ferito da Coon e, sebbene riesca a ucciderlo, il dolore lo costringe ad abbandonare il campo. Questo evento segna un punto di svolta: Ettore, in attesa del segnale divino, scatena la sua furia sui Greci.
La battaglia si trasforma in un vortice di colpi e contrattacchi. Diomede riesce a ferire Ettore, ma viene subito colpito da Paride, lasciando un vuoto tra i ranghi achei. Odisseo combatte da solo come un leone ferito, fino a quando Aiace non lo salva in extremis. Anche il guaritore Macaone cade ferito, e la speranza sembra dissolversi tra le file greche.
È in questo caos che si apre uno spiraglio verso il futuro: Achille, ancora ritirato dalla battaglia, osserva. La vista di Macaone ferito lo scuote e manda Patroclo in ricognizione. Qui nasce l’idea che cambierà le sorti della guerra: Patroclo potrebbe indossare l’armatura di Achille per restituire coraggio ai Greci. L’identità diventa arma, l’inganno una strategia.
L’undicesimo libro è un crescendo tragico, in cui i grandi eroi cadono uno dopo l’altro, lasciando intravedere che la guerra è vicina a un punto di rottura. Ma è anche il preludio a un ritorno tanto atteso. Dietro le quinte, Achille inizia a risvegliarsi.