Biografia di Heinrich Schliemann, il controverso e visionario scopritore di Troia e Micene. Dai sogni infantili alle grandi scoperte archeologiche, passando per viaggi avventurosi, colpi di genio e ambigue manipolazioni, il ritratto di un uomo che ha trasformato il mito in realtà.
INDICE SCHLIEMANN
- Schliemann: infanzia e folgorazione per il mito
- Dai mari alla ricchezza: gli anni della formazione imprenditoriale
- L’America dell’oro e il ritorno in Europa
- Il Grand Tour e la scoperta del Mediterraneo
- L’approccio scientifico e il ritorno alla Troade
- Il Tesoro di Priamo: mito e propaganda
- Micene e la civiltà pre-omerica
- Hissarlik e la nascita dell’archeologia stratigrafica
- Viaggi tra Sicilia, Asia e Africa
- La morte e il monumento della memoria
- Eredità e testamento
Biografia di Heinrich Schliemann, il controverso e visionario scopritore di Troia e Micene. Dai sogni infantili alle grandi scoperte archeologiche, passando per viaggi avventurosi, colpi di genio e ambigue manipolazioni, il ritratto di un uomo che ha trasformato il mito in realtà.
Schliemann: infanzia e folgorazione per il mito
Heinrich Schliemann nacque il 6 gennaio 1822 a Neubukow, in Germania. Fin da bambino sviluppò un’incontenibile curiosità per la storia antica. La sua passione nacque osservando una litografia nel libro regalatogli dal padre, pastore protestante: Enea fuggiva da Troia in fiamme portando il padre Anchise sulle spalle. L’idea che quelle mura potessero ancora esistere, seppellite dal tempo, accese nel giovane Heinrich un desiderio che avrebbe orientato tutta la sua esistenza.L’infanzia di Schliemann fu segnata da eventi drammatici: la madre morì prematuramente, il padre fu coinvolto in uno scandalo per una relazione extraconiugale, e lui venne affidato a uno zio. Visse tra difficoltà economiche e una precoce fascinazione per l’antico. Fu un ragazzo irrequieto ma straordinariamente portato per le lingue: da autodidatta imparò latino e greco antico, studiando persino con un mugnaio ubriaco, appassionato di Omero. Le sue giornate da garzone si dividevano tra il lavoro in drogheria e lo studio notturno.
Dai mari alla ricchezza: gli anni della formazione di Schliemann
Nel 1841, a diciannove anni, partì per la Colombia. La nave su cui viaggiava naufragò al largo dell’isola di Texel. Sopravvissuto miracolosamente, si rifugiò ad Amsterdam, dove iniziò a lavorare per una ditta di esportazioni. Fu l’inizio della sua parabola imprenditoriale: imparò l’inglese, il francese e l’olandese, divenne agente commerciale e, nel giro di pochi anni, grazie anche a operazioni rischiose ma brillanti, fu trasferito a San Pietroburgo. Lì fondò una propria impresa.
L’America dell’oro e il ritorno in Europa
Scoperta la morte del fratello Ludwig in California, partì per gli Stati Uniti per gestirne l’eredità. Vi rimase per circa due anni, dedicandosi alla compravendita dell’oro e fondando una banca a Sacramento. Accumulò oltre un milione di dollari ma fu coinvolto in una disputa legale per frode, che lo costrinse a una fuga attraverso Panama. Tornato in Europa nel 1852, riprese le sue attività in Russia, dove sposò Jekaterina Petrovna Lyshina, con cui ebbe un figlio, Sergej. Il matrimonio si rivelò turbolento: lei lo accusava di egocentrismo, lui la considerava fredda e distante.
Il Grand Tour e la scoperta del Mediterraneo
Nel 1858, cominciò il Grand Tour: Italia, Grecia, Palestina ed Egitto. Imparò l’arabo al Cairo, visitò il Vesuvio, Pompei, l’acropoli di Atene, i siti etruschi in Emilia-Romagna. Ogni luogo diventava un tassello di un sogno coltivato fin dall’infanzia. Nel 1864 si imbarcò per un viaggio in India, proseguì per Singapore, la Cina, il Giappone e infine Cuba, dove investì in compagnie ferroviarie e zuccherifici. Fiutando il crollo del mercato dello zucchero, vendette tutto e trasferì il denaro in Europa.
L’approccio scientifico e il ritorno alla Troade
Nel 1866 partecipò a una conferenza sulla topografia della Troade e conobbe il libro di Nikolaides, che lo convinse ancor più della possibilità di identificare la vera Troia. Dopo aver ottenuto il divorzio negli Stati Uniti, sposò a Atene Sofia Engastromenou, una giovane greca, con cui ebbe due figli: Andromaca e Agamennone. Nel 1868, giunse finalmente nella Troade e visitò Bournabashi, ma fu Hissarlik a convincerlo. Nel 1870 iniziarono i primi scavi, nonostante l’opposizione del governo ottomano e le tensioni con Frank Calvert, co-proprietario del sito.
Il Tesoro di Priamo: mito e propaganda
Nel 1873 dichiarò di aver trovato il celebre “Tesoro di Priamo”. Tuttavia, come dimostrarono più tardi studiosi come David Traill, alterò il luogo e le modalità della scoperta per avvalorare il legame con Omero. Gli oggetti erano stilisticamente diversi, probabilmente provenienti da fasi cronologiche differenti. L’episodio più celebre resta quello della moglie Sofia immortalata con i gioielli di Priamo: una messa in scena posteriore per scopi propagandistici.
Micene e la civiltà pre-omerica
Nel 1876 si aprì un nuovo capitolo: gli scavi a Micene. Dopo due mesi di scavi portò alla luce le tombe del cosiddetto Circolo Reale con ori, armi, maschere e oggetti raffinati. La “maschera di Agamennone”, attribuita con enfasi giornalistica, divenne il simbolo della sua scoperta. Alcuni oggetti furono forse inseriti successivamente, ma la scoperta costituì un punto di svolta per lo studio della civiltà micenea.
Hissarlik e la nascita dell’archeologia stratigrafica
Negli anni successivi, Schliemann tornò a Troia, dove individuò ben sette livelli di occupazione. Fu proprio grazie alla collaborazione con l’architetto Dörpfeld che il sito di Hissarlik venne interpretato come una città stratificata, con fasi abitative sovrapposte che testimoniavano una lunga continuità culturale. La sesta città, per via della ceramica micenea ritrovata, fu identificata come la più plausibile candidata alla Troia omerica.
Viaggi tra Sicilia, Asia e Africa
Tra il 1878 e il 1883, Schliemann scavò anche in Sicilia, nei Colli Albani, e persino ad Alessandria d’Egitto, dove cercò invano la tomba di Alessandro Magno. I suoi viaggi continuarono: Giappone, India, Tunisia, Cuba. Visitò le Termopili, cercò la fossa comune dei 300 spartani, e criticò pubblicamente gli errori di localizzazione di Erodoto, sottolineando l’importanza dell’ispezione autoptica dei luoghi storici.
La morte e il monumento della memoria
Morì a Napoli il 26 dicembre 1890, a causa delle complicazioni di un’operazione all’orecchio. Fu sepolto nel cimitero storico di Atene, dove ancora oggi si erge il suo imponente mausoleo, ispirato a modelli funerari dell’Asia Minore.
La struttura, interamente in marmo bianco, è decorata con scene omeriche e rappresentazioni simboliche del lavoro archeologico. Sul lato settentrionale spicca una scena in cui Schliemann, con l’Iliade in mano e il casco coloniale in testa, guida un gruppo di operai: una vera allegoria del suo metodo pionieristico e inclusivo. Anche le donne avevano spazio nel suo cantiere: lavoravano al restauro, al lavaggio dei materiali e venivano pagate quasi quanto gli uomini.
Eredità e testamento
Il suo testamento, aggiornato in ogni viaggio, era stato redatto con maniacale precisione. Lasciò alla moglie Sofia numerosi immobili e alla figlia Andromaca e al figlio Agamennone la parte più sostanziosa del patrimonio, valutato in circa 15 milioni di franchi dell’epoca. Sergej, figlio del primo matrimonio, ricevette invece i beni situati a Parigi. Il “Tesoro di Priamo”, donato alla città di Berlino, divenne una delle più celebrate collezioni archeologiche europee, anche se contesa a lungo con il governo ottomano.
Oggi, a più di un secolo dalla sua morte, Schliemann continua a dividere: genio o manipolatore, scopritore o costruttore di narrazioni? La sua biografia si legge come un romanzo, ma è nei suoi sogni infantili, nelle sue scelte audaci, e nella passione per l’antico che risiede il suo fascino. Come l’epigrafe sul suo sepolcro ad Atene ricorda, Schliemann fu un eroe moderno, che fece del mito un progetto di vita. E in fondo, proprio come i versi di Omero, anche le sue scoperte continuano a vivere nel tempo.
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