Il prato del rapimento e il silenzio di Zeus
Tutto accadde in un prato fiorito, dove si consumò un rapimento, ma anche il compimento di un’alleanza segreta tra Zeus e il fratello Ade, signore dei morti.
Un prato ricolmo di fiori, dove spiccava un Narciso dal lungo stelo, un fiore unico, dai cento petali e dal profumo così intenso da invadere la terra intera. Un Narciso traditore.
L’Inno a Demetra, attribuito a Omero – sebbene sappiamo che non possa esserne l’autore – menziona solo di sfuggita Nisa, in Beozia. Ma altre fonti collocano l’accaduto a Enna, in Sicilia, nel cuore della dolce terra del grano, centro del regno di Demetra, là dove la spiga porta benessere, ricchezza, armonia. Altri ancora parlano di Creta, o degli Elisi.
Ade, pari in potere a Zeus e a Poseidone, con i quali ha spodestato i Titani e diviso il mondo in tre parti, vive però una silenziosa guerra per il predominio.
Comanda sul regno dei morti, mentre Zeus domina il cielo e Poseidone il mare. Eppure, Ade si sente defraudato: relegato tra ombre e silenzi, mentre i fratelli governano sotto la luce del sole. È per questo che desidera Proserpina, la bella figlia di Demetra, la dea della terra. Ma Demetra non vuole cederla.
Allora Ade si appella a Zeus, che sa bene quanto la vecchia dea Terra sia contraria. E non osa dir di sì al fratello, ma nemmeno ha il coraggio di opporsi. Così tace. Ade interpreta quel silenzio come un mezzo assenso – anzi, quasi un consenso pieno – e con astuzia, attende il momento giusto per agire.
Il Silenzio degli Dei, il Grido della Madre
Nessuno sembrò udire il grido accorato di Proserpina mentre veniva rapita. Nessuno, tranne Ecate, antica dea della luna e della magia. E il Sole, certo: il Sole splendente, che dall’alto del suo carro attraversa il cielo e tutto vede.
Quando Demetra scopre di aver perso la figlia, è spezzata dal dolore. Corre per le campagne, ma né uomo né animale osa dirle cosa sia accaduto. Per nove giorni e nove notti vaga disperata, senza meta, stringendo tra le mani due torce ardenti. Il nono giorno incontra Ecate, la dea che tutto vede con gli occhi della notte, e che possiede un legame con il mondo delle ombre.
Ecate racconta ciò che ha udito: la voce di Proserpina che gridava, spezzata dal terrore. Ma quando aveva cercato di raggiungerla, della fanciulla non era rimasta traccia. Allora Demetra, saggia e tenace, si rivolge al Sole – Helios, l’unico testimone che possa rivelarle di più. Ma neanche il tempo di ottenere risposta che, il giorno seguente, viene aggredita da Poseidone. Il dio del mare, che da tempo la seguiva, cerca di approfittare della sua condizione di dolore e smarrimento.
La Maschera della Cavalla
Ciò che accadde dopo fu l’ennesima offesa: Poseidone, il dio del mare, aggredì Demetra e cercò di possederla con la forza. Per sfuggirgli, la dea si trasformò in una cavalla e si nascose tra le mandrie del dio Onco, in Arcadia, sperando di confondersi tra gli animali. Ma Poseidone, determinato, si mutò anch’egli in un cavallo e la raggiunse.
Nacque una figlia il cui nome è proibito, tanto è sacro e terribile. I Greci la chiameranno soltanto Despoina, “la Signora”, o “la Padrona”. E nacque anche un cavallo, Arione, dotato di parola e di forza straordinaria, che un giorno sarà al fianco del mitico Eracle.
I misteri di Eleusi
Demetra, come spesso fanno gli dei, assume l’aspetto di una vecchia viandante.
Giunge a Eleusi, non lontano da Atene, dove incontra le quattro figlie di Celeo, re della città. Le giovani, colpite dalla dignità e dalla tristezza della sconosciuta, la invitano a palazzo, proponendole di diventare nutrice del piccolo Demofonte, figlio del re e della regina Metanira.
Qui la storia si intreccia in una serie di episodi. Una delle figlie, Iambe – per alcuni serva, per altri figlia del dio Pan e della ninfa Eco – cerca di consolare Demetra con versi comici. È forse Pan, attraverso Iambe, a portare un primo sorriso alla dea.
Per altri, è Baubo, la vecchia nutrice, che la convince a rifocillarsi, offrendole la kykeon, la bevanda d’orzo e menta, sacra nei Misteri. Baubo finge di avere le doglie e, tra il riso e il grottesco, “partorisce” Iacco, che corre ad abbracciare la dea. Quando Demetra finalmente beve, uno dei figli di Celeo, Abas, la deride.
Con un solo sguardo, la dea lo trasforma in una lucertola. Poi, pentita, tenta di rimediare donando a Demofonte l’immortalità: ogni notte lo avvolge nel fuoco sacro.
Ma una notte, Metanira la sorprende e interrompe il rito. Demofonte cade e muore. Celeo piange la perdita del figlio. Demetra lo consola: “Hai altri tre figli maschi. Uno di essi, Trittolemo, riceverà doni così grandi da farti dimenticare il dolore”.
Trittolemo, che aveva dato a Demetra le informazioni tanto cercate, riceverà da lei il sapere del grano. Sarà il primo iniziato, il primo seminatore.
La verità sul rapimento
Erano passati dieci giorni da quando Eumolpo, fratello di Trittolemo, insieme al pastore Eubuleo, aveva visto una voragine aprirsi nella terra. Alcuni maiali erano scomparsi al suo interno, subito seguiti da un cocchio trainato da cavalli neri. Non avevano visto il volto del cocchiere, solo una mano che afferrava una fanciulla urlante: Proserpina.
Trittolemo raccontò tutto a Demetra, che chiamò Ecate in suo aiuto. Le due dee affrontarono Helios, e lo costrinsero a dire la verità: era stato Ade. E Zeus sapeva. Demetra, colma d’ira, si rifiutò di tornare sull’Olimpo. Vagò sulla terra e ordinò alla natura di fermarsi: alberi senza frutto, erbe senza germoglio, terra chiusa nel dolore. Minacciò l’estinzione dell’umanità.
Allora re Celeo fece erigere un tempio in suo onore. Eleusi fu consacrata a lei. Eleusi, sede eterna dei Misteri, dove umano, animale e vegetale si fondono per generare vita e sacralità.
I semi dell’Eterno Ritorno
Zeus, pur iracondo, è maestro del compromesso. Il mediatore supremo, colui che aggiusta, pacifica. E in questo mito, sotto la scorza del racconto, si cela qualcosa di più: la fine del potere femminile. A Demetra resta solo la vita. Il mistero della vita. Il mistero di Eleusi.
Zeus manda Mercurio nel Tartaro a parlare con Ade. L’astuto messaggero alato, deve convincere il fratello di Zeus a lasciar tornare Proserpina. Ade accetta, ma non prima d’averla vincolata per sempre: la costringe a mangiare i semi del melograno, frutto magico e simbolico. Anche pochi bastano. Chi mangia il cibo dei morti, vi deve tornare.
Proserpina potrà uscire. Ma solo per due stagioni. Per due, dovrà tornare giù, regina delle ombre.
Il ritorno di Proserpina
Quando Proserpina vide il volto della madre, lasciò carro e cavalli, e le si gettò al collo. Ma mentre si stringevano, Demetra sentì una fitta al cuore. Aveva capito.
“Figlia mia”, disse, «cosa hai mangiato laggiù? Dimmi la verità. Se hai mangiato, anche solo un frutto, dovrai tornare nell’Ade, per una delle stagioni”. Proserpina abbassò lo sguardo. Aveva mangiato.
Così fu. Così è. Così sarà. Ogni volta che la terra si coprirà di fiori, con la primavera, Proserpina tornerà alla luce. E sarà incanto, sarà prodigio. Demetra accettò il compromesso. Il primo, eterno trattato tra maschile e femminile, tra vita e morte. E la ruota ricominciò a girare.
Forse gira ancora. Dopo tremila anni.
Immagine: “Rape of Proserpina – Gian Lorenzo Bernini”, da Wikimedia Commons, licenza CC BY-SA 3.0. Nessuna modifica apportata.
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