In questo articolo intendiamo esporre e analizzare le principali caratteristiche strutturali e concettuali dei dialoghi platonici, così come descritte dal filosofo contemporaneo Thomas A. Szlezák. Tali tratti fondamentali, considerati nel loro insieme, delineano la morfologia dei dialoghi di Platone e riflettono una ben precisa concezione della trasmissione del sapere filosofico. Di conseguenza, esse implicano anche una particolare visione della filosofia stessa.
Ci limiteremo qui a considerare solo quelle caratteristiche che si presentano in maniera costante e ricorrente nell’intera produzione platonica, senza (o con pochissime) eccezioni.
Il carattere dialogico
Tutte le opere di Platone si presentano nella forma di dialoghi, anche se all’interno di essi compaiono spesso lunghi monologhi. Il dialogo è quindi la forma primaria e privilegiata dell’espressione filosofica.
Collocazione spazio-temporale e personaggi storici
Ogni dialogo si svolge in un tempo e in un luogo ben determinati. I partecipanti sono personaggi concreti, con caratteristiche individuali marcate e, salvo rare eccezioni, storicamente identificabili. Ciò suggerisce un forte legame tra il pensiero filosofico e la realtà vissuta, storica ed esistenziale.
Il conduttore del dialogo
In ogni dialogo vi è una figura che conduce la discussione. Nella maggior parte dei casi si tratta di Socrate, che è descritto in modo individualizzato, sebbene sin dall’inizio si noti una certa idealizzazione del personaggio. Nei dialoghi della tarda produzione platonica, la figura del conduttore può assumere altri nomi (come il “filosofo ateniese”), ma resta sempre la guida del discorso e viene talvolta mantenuta in secondo piano, lasciando maggiore spazio agli altri interlocutori.
Dialogo a due
Il conduttore dialoga sempre con un solo interlocutore alla volta. Nei dialoghi con più partecipanti, le conversazioni si suddividono in segmenti distinti, ognuno dei quali mostra un confronto diretto tra il conduttore e un partner specifico. Dialoghi a tre di ampio respiro non si verificano mai: se necessario, il conduttore può interrompere un confronto reale per passare a un dialogo esemplare con un interlocutore immaginario.
Superiorità del conduttore
Il conduttore del dialogo (solitamente Socrate) è in grado di rispondere a tutte le obiezioni che gli vengono mosse, confutando ogni interlocutore. Egli non viene mai confutato a sua volta. Tutti gli elementi cruciali che fanno progredire l’argomentazione sono da lui introdotti.
Progressione per salti qualitativi
Il dialogo non procede linearmente, ma si sviluppa attraverso salti qualitativi. Tali salti avvengono spesso in risposta a un attacco concettuale e portano l’argomentazione a un livello superiore, mediante difese più raffinate e profonde.
Mancanza di una conclusione organica
Platone non mira a fornire soluzioni conclusive. Ogni dialogo si chiude lasciando aperti temi e ambiti di indagine che necessiterebbero di ulteriori approfondimenti. In ogni opera si trovano brani di omissione e rinvii a una verità più alta, al di là della discussione contingente.
Domande e fraintendimenti comuni
Le caratteristiche sopra elencate sono state spesso interpretate in modo frettoloso, sulla base di schemi concettuali moderni, con l’assunzione che le risposte ai problemi filosofici fossero già disponibili. Questo approccio ha impedito di porre le domande più urgenti che sorgono dall’analisi della forma dialogica platonica. Tra queste:
1. È possibile fare filosofia solo dialogando?
Nonostante Platone dia grande rilievo al dialogo, non si può concludere che egli ritenga il dialogo l’unica forma legittima di comunicazione filosofica. Ad esempio, nel “Protagora”, Socrate, pur criticando i lunghi discorsi dei sofisti, tiene egli stesso un lungo monologo e interrompe il confronto diretto con l’interlocutore reale, preferendo un discorso rivolto a un partner immaginario.
Questo mostra come Platone utilizzi il dialogo come strumento per mettere in scena pensieri già elaborati altrove. Il pensiero, per Platone, è essenzialmente un dialogo dell’anima con se stessa, che può poi essere messo alla prova nel confronto con altri. Tuttavia, la forma dialogica non esaurisce la filosofia: esistono molte parti non dialogiche (come nei Libri V e VI delle Leggi, l’”esordio” del Fedro, o il lungo monologo del Timeo) che testimoniano un’altra via, altrettanto legittima, del filosofare.
2. La storicità dei personaggi come condizione esistenziale
L’ambientazione storica e concreta dei dialoghi, così come la presenza di personaggi realmente esistiti, suggerisce che per Platone il coinvolgimento personale sia una condizione fondamentale per iniziare a filosofare. Tuttavia, questa storicità è alleggerita da una forte licenza poetica: i personaggi non sono semplici riproduzioni di figure storiche, ma archetipi universali, che parlano anche al lettore contemporaneo.
3. L’assenza di dialoghi fra eguali
Platone avrebbe potuto affiancare a Socrate interlocutori pari per intelligenza e profondità filosofica, ma non lo fa quasi mai. La disparità tra il conduttore e gli altri partecipanti riflette un’idea della filosofia come cammino guidato: chi conduce è sempre più avanzato e in grado di elevare l’interlocutore. Questa impostazione esclude l’apologetica e mostra un sapere filosofico che non può essere trasmesso come pura opinione, ma solo come verità da scoprire insieme, attraverso una guida esperta.
4. L’assenza di dialoghi a tre
Il fatto che i dialoghi a tre siano evitati indica che Platone intende rappresentare il confronto filosofico come una relazione personale e diretta. Il conduttore corregge ogni interlocutore uno alla volta, e quando necessario, supera i limiti di un confronto reale passando a un’interazione con interlocutori immaginari (come Diotima nel Simposio o l’ateo nel decimo libro delle Leggi).
5. Il vantaggio del conduttore
La figura del conduttore è sempre superiore, e ciò contrasta con l’ideale moderno di parità nei dibattiti. Ma Platone non intende rappresentare una democrazia del pensiero, bensì un processo di elevazione in cui l’interlocutore deve fidarsi della guida che lo precede nel cammino della verità.
6. L’attacco e il salto di livello
Il passaggio a un livello superiore dell’argomentazione avviene spesso in risposta a una critica. Solo dopo l’attacco si manifesta la profondità della risposta, che riformula il discorso su basi più alte. Questo è ben spiegato nella critica alla scrittura contenuta alla fine del Fedro, dove Platone mostra che il vero filosofo deve avere un vantaggio sul proprio logos, cioè deve saperlo padroneggiare, modulare e correggere.
7. Il valore delle omissioni
Le frequenti omissioni e i rimandi a futuri approfondimenti non sono segni di incompletezza, ma espedienti deliberati che puntano a una realtà filosofica che non si esaurisce nella scrittura. Alludono alla cosiddetta “filosofia non scritta” di Platone, quella che poteva essere trasmessa solo oralmente, in un contesto dialogico vivo e irripetibile.
L’apparato dialogico dei testi platonici non va quindi considerato una semplice scelta stilistica, né una forma neutra della comunicazione. Esso è espressione profonda della concezione platonica del sapere, del metodo filosofico e della relazione tra maestro e discepolo, tra guida e cercatore. Solo comprendendo questa struttura complessa e intenzionale possiamo accostarci con maggiore consapevolezza alla filosofia di Platone.
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