HomeMitologia grecaLa Pizia e l’Oracolo di Delfi: miti, riti e misteri

La Pizia e l’Oracolo di Delfi: miti, riti e misteri

Nel cuore del mondo greco antico, tra le pendici del Parnaso, sorgeva uno dei luoghi più enigmatici e sacri dell’antichità: il santuario di Delfi, dimora dell’oracolo di Apollo. Al centro del culto profetico vi era una figura affascinante e avvolta nel mistero: la Pizia, la sacerdotessa che dava voce al dio.

Chi era la Pizia?

In origine, la Pizia era una giovane donna di nobili origini, scelta tra le vergini di Delfi. Secondo la tradizione, la prima a ricoprire questo ruolo fu Femonoe, celebre per offrire responsi in versi esametrici. Tuttavia, questo modello cambiò radicalmente a partire dal V secolo a.C., quando un grave episodio – il rapimento di una sacerdotessa da parte di un uomo tessalo – spinse i Delfici a selezionare donne più mature: austere matrone sopra i cinquant’anni, con una vita familiare alle spalle e una reputazione impeccabile.

Queste nuove Pizie, pur anziane, venivano vestite come giovani vergini: indossavano abiti giovanili e gioielli, quasi a simboleggiare una rinascita spirituale per il compito sacro a cui erano destinate.

Il rito della divinazione

La preparazione della Pizia era un vero e proprio rito. Dopo essersi purificata nella fonte Castalia, beveva l’acqua della sorgente Cassotide, masticava foglie di alloro e prendeva posto sul celebre tripode profetico, posto sopra una voragine da cui si credeva salissero vapori divini. In questo stato di trance, pronunciava parole sconnesse e misteriose, che venivano poi interpretate da sacerdoti specializzati – i Profeti – e, talvolta, con l’aiuto degli Exigites.

Un Oracolo per tutti, ma non per tutti uguale

Chiunque poteva consultare l’oracolo, ma il procedimento non era immediato. I theopropoi, inviati delle città o cittadini privati, dovevano affrontare una serie di tappe: purificazione rituale, pagamento di una tassa (il pelano), e sacrificio di un animale (solitamente una capra). Solo se l’animale tremava – segno considerato favorevole – si poteva procedere.

Le domande dovevano essere chiare, ma le risposte raramente lo erano. Apollo era chiamato anche Loxias, “l’obliquo”, per l’ambiguità delle sue parole. Celebre è il caso di Creso, re di Lidia, che ricevette il responso: “Se attraverserai il fiume Ali, distruggerai un grande impero.” Purtroppo per lui, si trattava del suo impero, non quello del nemico.

Quando parlava Apollo?

In principio, i responsi si davano solo una volta all’anno, nel giorno della nascita di Apollo. Poi il calendario si ampliò al settimo giorno di ogni mese, ad eccezione dei tre mesi invernali, in cui si credeva che Apollo fosse assente, in visita agli Iperborei. L’ordine dei consultanti veniva stabilito per sorteggio, ma esisteva anche un privilegio speciale chiamato promanteia, che permetteva a pochi fortunati di passare avanti a tutti.

Oracoli che cambiarono la storia

Alcuni oracoli divennero leggendari. Uno di questi diede origine al celebre problema di Delo: per salvare la città dalla peste, l’oracolo suggerì di raddoppiare l’altare cubico di Apollo. Sembrava semplice, ma quel consiglio si rivelò un enigma matematico irrisolvibile con riga e compasso: il celebre problema del raddoppio del cubo.

Un altro episodio coinvolge lo spartano Falanto, al quale l’oracolo predisse che avrebbe fondato una città “quando avrebbe sentito la pioggia sotto un cielo sereno”. Anni dopo, disperato per non aver compreso il senso della profezia, venne consolato dalla moglie Etra, che pianse sul suo viso. Solo allora capì: “pioggia” sotto “Etra” (il cielo sereno, ma anche il nome della moglie). Quella stessa notte fondò Taranto.

Il santuario di Delfi non era solo un luogo di culto: era un ponte tra uomini e divinità, tra logica e mistero, tra razionalità e fede. La figura della Pizia, con la sua voce incomprensibile e la sua sacralità, continua a parlare ancora oggi – forse non con parole, ma con il fascino eterno del mito.

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