Riassunto del libro dodicesimo dell’Iliade – Le mura degli Achei sotto assedio
Nel dodicesimo libro dell’Iliade, entriamo nel vivo della battaglia con un presagio oscuro: le fortificazioni costruite dagli Achei per proteggere le loro navi sono destinate alla distruzione, non dai Troiani, ma dagli dèi stessi, una volta che la città di Troia sarà caduta. Tuttavia, al momento, quelle mura reggono ancora l’assalto.
I carri troiani si rivelano inutili di fronte al profondo fossato scavato dagli Achei. Ma Ettore, seguendo il saggio consiglio del giovane comandante Polidamante, ordina ai suoi uomini di scendere dai carri e attaccare a piedi. Quando i Troiani si avvicinano per attraversare il fossato, un segno soprannaturale scuote le file: un’aquila sorvola l’esercito e lascia cadere un serpente tra i soldati. Polidamante lo interpreta come un presagio negativo — un chiaro avvertimento divino di fallimento. Ma Ettore, impetuoso e determinato, rifiuta ogni pensiero di ritirata.
L’assalto continua con furia. I guerrieri Glauco e Sarpedonte si lanciano contro le mura achee. Menesteo, aiutato da Aiace Telamonio e Teucro, cerca disperatamente di respingere gli assalitori. Ma Sarpedonte, figlio di Zeus, è il primo a sfondare le difese, aprendo una breccia tra le mura. Ettore ne approfitta: con la forza di un masso scagliato, abbatte uno dei portoni principali.
A questo punto, la sorte sembra voltare le spalle agli Achei. I Troiani travolgono le fortificazioni e irrompono verso le navi, mentre i guerrieri greci si ritirano impauriti. È l’inizio di una nuova fase della guerra, in cui il pericolo non è più solo davanti alle mura di Troia, ma arriva fino al cuore del campo acheo.
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