Solone di Atene

Scopri chi era Solone, il grande riformatore di Atene: abolì la schiavitù per debiti, introdusse la riforma censuaria e pose le basi della democrazia ateniese. Una figura chiave nella storia della giustizia e della politica.

Chi era Solone?

Solone nacque ad Atene attorno al 638 a.C., da una famiglia nobile ma decaduta nei beni, anche se non nel prestigio. Discendente, si diceva, del leggendario re Codro, crebbe in un ambiente che lo educò alla libertà più che al potere. Quando il padre dissipò le ricchezze familiari, Solone si dedicò al commercio e viaggiò molto, ma ciò che veramente lo affascinava erano la poesia, il pensiero e la giustizia. Scriveva versi non solo per diletto, ma per indirizzare il cuore e la mente del suo popolo. Le sue poesie divennero uno strumento di riflessione e, col tempo, anche di governo.

La sua fama esplose quando Atene, sconfitta e umiliata, aveva rinunciato all’isola di Salamina. Per legge, nessuno poteva più proporre di riconquistarla, pena la morte. Solone, fingendosi folle, recitò in pubblico un’elegia che infiammò gli animi. Riuscì così a ribaltare la decisione, guidando una spedizione astuta e vittoriosa. L’isola tornò ad Atene, e con essa nacque il mito di Solone, patriota e stratega dell’intelletto.

In un’Atene lacerata da lotte sociali, Solone si fece mediatore. I poveri, schiacciati dai debiti, cadevano nella schiavitù; i ricchi difendevano i propri privilegi. La città rischiava la guerra civile. Solone fu scelto come arconte e legislatore: una figura super partes, stimata da entrambe le parti. E lui accettò l’incarico con riluttanza, ma con senso del dovere. Rifiutò ogni forma di potere assoluto. Disse: “La tirannide è una fortezza senza uscita”.

La sua prima misura fu radicale: la “seisachteia”, lo “scuotimento dei pesi”, abolì i debiti e proibì la schiavitù per insolvenza. Liberò gli ateniesi dal giogo finanziario e rimise in piedi uomini che erano stati venduti come schiavi. Poi riformò le leggi, molte delle quali soppiantarono quelle feroci di Dracone. La sua idea era semplice e rivoluzionaria: distribuire i diritti politici in base al censo, non alla nascita. I cittadini furono divisi in quattro classi economiche, e anche i più poveri ottennero accesso all’assemblea e ai tribunali.

La giustizia fu il suo vero campo di battaglia. Concesse a tutti il diritto di appello e introdusse la possibilità di agire in tribunale anche per conto di altri. Fu un passo enorme verso la partecipazione civica. Riformò anche l’Areopago e creò una seconda boulé, un consiglio dei 400 che avrebbe dovuto filtrare le decisioni dell’assemblea popolare. Solone non voleva accontentare tutti, voleva evitare che Atene implodesse.

Scrisse leggi per ogni aspetto della vita: vietò il commercio estero di prodotti agricoli tranne l’olio, limitò la dote matrimoniale, proibì comportamenti eccessivi nei funerali, diede valore al lavoro manuale, persino sancì il diritto del figlio a non mantenere un padre che non gli avesse insegnato un mestiere. Perfino la cittadinanza fu regolata: non bastava arrivare ad Atene, bisognava avere un motivo, un mestiere, un’esclusione dalla propria patria.

Ma le leggi, come lui stesso sapeva, non bastano. Così, una volta completata la sua opera, chiese di potersi allontanare per dieci anni, per non essere costretto a modificarle sotto pressione. Partì e viaggiò: in Egitto discusse con i sacerdoti sapienti, forse ascoltò la leggenda di Atlantide. A Cipro consigliò un giovane re, fondò una nuova città e le diede il nome di Soli, in suo onore.

Secondo la tradizione, fu anche ricevuto dal ricchissimo re Creso in Lidia. Ma quando il re gli chiese chi fosse l’uomo più felice del mondo, Solone rispose raccontando la storia di uomini comuni che avevano vissuto e concluso la loro vita con onore. “Non si può dire felice un uomo finché vive,” affermò. La fortuna è instabile, la vera felicità si misura solo alla fine. Parole che Creso avrebbe compreso, tardi, sul rogo, prigioniero di Ciro il Persiano.

Quando Solone tornò ad Atene, la scena era cambiata. Tre fazioni si contendevano il potere, e Pisistrato – suo amico un tempo – con uno stratagemma si fece dare una guardia armata e poi prese il potere. Solone tentò di fermarlo, mise in guardia la città, ma gli ateniesi, stanchi e divisi, non lo ascoltarono. Rientrato a casa, piantò le armi davanti alla porta e disse: “Io ho fatto la mia parte.”

Pisistrato, però, lo rispettò. Mantenne in vigore le leggi di Solone e non lo perseguitò. E così il vecchio legislatore visse gli ultimi anni con serenità. Non scrisse più leggi, ma non smise mai di ammonire i suoi concittadini. Morì nel 558 a.C., e secondo la leggenda, le sue ceneri furono sparse a Salamina – quell’isola che lui, poeta e uomo d’azione, aveva ridato ad Atene.

La situazione ad Atene

Dopo la cacciata dei tiranni, la polis di Atene si era ritrovata nuovamente coinvolta nelle lotte per il potere tra le famiglie nobili, conflitti che già alla fine del VII e all’inizio del VI secolo avevano profondamente segnato la città, portando infine all’ascesa politica di Solone. In quegli anni, profondi cambiamenti sociali ed economici avevano minato le basi dell’ordinamento politico non solo ad Atene, ma anche in altre poleis. Da una parte, vasti strati della popolazione contadina subivano un rapido e crescente impoverimento; dall’altra, gruppi sociali emergenti, pur non appartenendo alla nobiltà, avevano acquisito nuova ricchezza e cominciavano a reclamare un maggiore coinvolgimento nella vita politica. Queste tensioni moltiplicarono le richieste di riforme radicali sia sul piano politico che su quello sociale.

La riforma censuaria di Solone

Nel 594 a.C., in un clima di forti tensioni sociali ed economiche, Solone fu eletto arconte con l’incarico di sanare la crescente frattura tra i diversi gruppi sociali di Atene e di ristabilire la coesione della polis. Per affrontare il disordine e la crisi interna – ciò che lui definiva dysnomia – Solone propose un nuovo modello di ordine, l’eunomia, ovvero un sistema che tenesse conto dei profondi cambiamenti sociali ed economici in atto e che mirasse a una più equa distribuzione di diritti e doveri tra i cittadini.

Uno degli aspetti più innovativi della sua riforma fu il superamento del criterio di nascita come base per l’accesso alla vita politica: d’ora in avanti, la partecipazione al governo sarebbe dipesa dal censo, ovvero dalla ricchezza individuale. Solone suddivise i cittadini in quattro classi censitarie, definendo così nuovi criteri per l’accesso alle cariche pubbliche.

Questa trasformazione non istituiva ancora una democrazia nel senso moderno, ma segnava un primo passo verso una maggiore inclusione. Solone cercò infatti di ridurre il potere esclusivo delle famiglie aristocratiche, aprendo la vita politica anche a quei cittadini che, pur non nobili di nascita, disponevano dei requisiti economici richiesti. L’Assemblea popolare (ekklesía) e i tribunali popolari (dikasteria) erano formalmente aperti a tutti, ma le principali cariche pubbliche e l’accesso al Consiglio dei Quattrocento (un organo che Solone istituì e che veniva rinnovato annualmente) rimasero riservati ai cittadini appartenenti alle classi più abbienti.

Il sistema soloniano rifletteva l’ordinamento militare ateniese, dove ogni cittadino prestava servizio in base al proprio reddito. Così, anche i diritti politici furono distribuiti secondo criteri economici. Le quattro classi censitarie furono stabilite inizialmente sulla base della quantità di raccolto – misurato in medimni, un’unità di circa 52,5 litri – e successivamente in base alle entrate annue in denaro:

  • Pentacosiomedimni: producevano almeno 500 medimni; potevano accedere alle più alte magistrature;

  • Hippeis (cavalieri): almeno 300 medimni; erano in grado di mantenere un cavallo per il servizio militare;

  • Zeugítai: almeno 200 medimni; servivano come opliti, nella fanteria pesante;

  • Thétes: meno di 200 medimni; lavoratori salariati, con diritti politici limitati.

Questa suddivisione, fondata su criteri economici pratici, fu alla base di un vasto programma di riforma.

Lo scuotimento dei pesi

Una delle misure più urgenti fu la seisáchtheia (letteralmente “scuotimento dei pesi”), che prevedeva la cancellazione dei debiti più gravi e il divieto di ridurre in schiavitù i cittadini insolventi. In questo modo, Solone cercò di rispondere all’emergenza economica e di alleggerire le tensioni sociali.

Accanto a questi provvedimenti, Solone introdusse un articolato corpus legislativo che riguardava quasi ogni aspetto della vita pubblica e privata. La vera svolta, però, fu il fatto che queste leggi furono scritte e rese pubbliche su apposite tavole, permettendo così a ogni cittadino di conoscerle, appellarvisi e difendersi da un potere giudiziario fino ad allora gestito oralmente e in modo arbitrario. La pubblicazione delle leggi rappresentava il segno evidente di un nuovo assetto politico, volto a rendere il diritto accessibile e impersonale, sottraendolo al controllo delle famiglie aristocratiche.

Nel breve periodo, però, le riforme soloniane non cambiarono radicalmente la classe dirigente: le cariche rimasero in gran parte nelle mani delle classi più ricche, che coincidevano spesso con l’antica aristocrazia. Tuttavia, nel lungo termine, la situazione mutò. Con l’estensione graduale dei diritti politici, anche cittadini non nobili iniziarono a emergere nella vita pubblica, a condizione di possedere i requisiti economici necessari.

La riforma di Solone fu fondamentale per lo sviluppo della coscienza civica ateniese. Il lento disgregarsi delle antiche reti di potere aristocratico e l’affermarsi di nuovi criteri di partecipazione politica resero inevitabile un cambiamento dei rapporti sociali e delle forme di confronto politico. Tuttavia, le sue riforme non ottennero un consenso unanime: le rivalità tra le grandi famiglie continuarono e la competizione per il potere si fece ancora più accesa, coinvolgendo anche coloro che fino a poco prima erano stati esclusi dalla scena politica.

Nella prima metà del VI secolo a.C., Atene rischiò più volte di cadere nel caos e nell’anarchia, segno che – sebbene lungimiranti – le riforme di Solone non bastarono da sole a stabilizzare in modo definitivo la città.

Curiosità: il rapporto fra Solone e Pisistrato

Alcune testimonianze suggeriscono un legame affettivo con Pisistrato, che fu in seguito tiranno di Atene. Secondo una tradizione assai diffusa nell’antichità, Solone avrebbe accolto Pisistrato da giovane come proprio eromenos, ovvero come ragazzo amato secondo i codici educativi ed emotivi della pederastia ateniese.

Aristotele, tuttavia, si mostra scettico riguardo a questa ipotesi, ritenendola inverosimile a causa della notevole differenza d’età: quando Pisistrato aveva vent’anni, Solone ne aveva già più di sessanta. A suo dire, dunque, una relazione di quel tipo sarebbe stata anacronistica rispetto alle consuetudini del tempo.

Malgrado ciò, la narrazione di un affetto speciale tra i due uomini sopravvisse nei secoli, affascinando molti storici. Plutarco, per esempio, riporta un aneddoto secondo il quale Solone nutrì un amore profondo per Pisistrato. Anche quando i loro percorsi politici si allontanarono – uno saldamente legato alla legge, l’altro incline al potere personale – non si trasformarono mai in veri nemici. Si dice che entrambi custodirono con rispetto il ricordo di un’antica intimità, mutata nel tempo in un sentimento affettuoso, fatto di stima e nostalgia.

Anche Claudio Eliano, autore vissuto nel periodo imperiale romano, ribadisce questa versione, sostenendo che Pisistrato fu, in gioventù, l’oggetto dell’amore di Solone. Nonostante la persistenza della voce nel corso dei secoli, non esistono prove definitive che confermino storicamente questa relazione. Alcuni studiosi moderni ipotizzano che tale leggenda possa essere stata alimentata in seguito – forse persino strumentalizzata – per costruire l’immagine di una continuità affettuosa e pacifica tra il legislatore e il futuro tiranno. In tal modo, la figura di Pisistrato e la sua eredità politica venivano rafforzate da un legame simbolico con uno dei padri fondatori della polis ateniese.

L’operato politico di Solone in sintesi

  1. l’abolizione della schiavitù per debiti attraverso il provvedimento seisàchtheia (scuotimento, scioglimento dei pesi)
  2. la riforma timocratica (o censuaria);
  3. la riforma del sistema ionico di pesi e misure, che passò dal sistema dell’Eolia a quello euboico.

DOMANDE E RISPOSTE

1. Chi era Solone e quale ruolo ebbe nella storia di Atene?
Solone fu un legislatore, poeta e statista ateniese vissuto nel VI secolo a.C. Venne scelto come arconte per risolvere le gravi tensioni sociali e politiche della città. Le sue riforme posero le basi per lo sviluppo della democrazia ateniese.

2. Che cos’è la seisáchtheia e quale fu il suo impatto?
La seisáchtheia, o “scuotimento dei pesi”, fu la riforma con cui Solone abolì i debiti che avevano ridotto molti ateniesi in schiavitù. Fu una misura fondamentale per ristabilire la coesione sociale e ridurre le disuguaglianze.

3. In cosa consisteva la riforma censuaria di Solone?
Solone suddivise i cittadini in quattro classi basate sul censo, cioè sulla ricchezza, e non più sulla nascita. Questa riforma consentì a cittadini non aristocratici, ma economicamente agiati, di partecipare alla vita politica.

4. Quali diritti ottenne il popolo grazie alle riforme di Solone?
I cittadini ottennero il diritto di partecipare all’assemblea (ekklesía), di appellarsi ai tribunali e di agire legalmente anche per conto di altri. La giustizia divenne più accessibile e meno soggetta all’arbitrio dei nobili.

5. Solone fu favorevole alla tirannide?
No, Solone fu sempre contrario alla tirannide. Nonostante fosse amico di Pisistrato, futuro tiranno di Atene, egli rifiutò ogni forma di potere assoluto, sostenendo che “la tirannide è una fortezza senza uscita”.

RELATED ARTICLES

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Most Popular

Recent Comments