La programmatrice Maria Aiello 17 anni fa, insieme al sistemista Riccardo Fabbri, ha fondato la Nohup srl, società friulana recentemente rientrata nella prestigiosa classifica del Financial Time tra quelle in rapida crescita in Europa, con un aumento dei ricavi del 172% nel triennio 2016-2019, del 250% nel triennio 2017-2020 e destinata a crescere ancora. Nohup srl è un’eccellenza dei servizi cloud e per la trasformazione digitale delle imprese, con sede principale a San Giorgio di Nogaro. Questa eccellenza friulana, in un settore destinato alla rapida ascesa nei prossimi anni, ha scelto di far parlare di sé in queste settimane per farsi conoscere dalle persone che lavorano in un settore dove a mancare sono le professionalità a fronte di un’offerta di lavoro molto alta.
Maria Aiello, come nasce Nohup srl?
L’informatica è sempre stata una passione e in generale mi è sempre piaciuta la matematica. Sono arrivata a San Giorgio di Nogaro nel 1996 dalla Calabria e ho capito subito che mi sarei fermata in una realtà dove si vive molto bene. Ho trovato lavoro in Autovie Venete, prima nei vari caselli e, successivamente nella gestione del sistema informativo regionale per il Giubileo, che aveva il compito di gestire i 151 punti informativi del Friuli Venezia Giulia. Qualche anno dopo ho incontrato il mio socio Riccardo Fabbri, un sistemista, e ho capito che poteva nascere una buona sinergia.

La scelta coraggiosa di lasciare un posto garantito per mettersi in proprio si è dimostrata vincente…
Credevo molto nel progetto e nel futuro del settore e il tempo effettivamente mi ha dato ragione. Nohup srl è una società prettamente tecnica che si occupa sia della parte sviluppo, come per esempio siti web, e-commerce o assistenti virtuali, che negli ultimi anni hanno incontrato molto interesse, sia della parte infrastrutturale, per semplificare dell’hosting dove viene ospitato un sito. Negli ultimi anni, vista la tendenza del mercato e lo sviluppo della tecnologia, l’interesse si è rivolto verso il cloud pubblico, che riguarda i tre grandi vendor: Amazon, di cui siamo partner da una decina d’anni, Microsoft e Google.
Tre vendor americani. Ci sono rapporti con le realtà russe o cinesi?
In realtà siamo fra i pochi che lavoriamo anche attraverso cloud in Cina e in Russia, perché solitamente è complicato ottenere le autorizzazioni, ma le aziende con più visibilità hanno necessità di mostrarsi anche in questi mercati ed è così necessario un mirror sul server all’interno di questi paesi. Se per esempio un cliente volesse che il proprio sito fosse visibile in Cina, senza che l’utente aspetti decine e decine di secondi perché si carichi, deve avere una copia anche in quel Paese. I dati vengono gestiti in ogni caso su server o americano o europeo, perché le aziende europee hanno la necessità che i dati restino all’interno dell’Unione europea. Google sta aprendo in collaborazione con Tim il datacenter in Italia.
La vostra criticità principale è la difficoltà a trovare personale…
Infatti non abbiamo commerciali, i clienti ci conoscono attraverso il passaparola e tutto ruota intorno all’innovazione e all’affidabilità dei servizi forniti, inoltre non riusciremmo a gestire un carico di clienti aggiuntivo proprio per la difficoltà a trovare persone formate in un settore che scarseggia di professionalità rispetto alla grande richiesta, sia di programmatori che di sistemisti. I clienti sono circa 500 in un anno, di tutti i tipi, piccole, ma soprattutto medium-large Enterprise, tra cui per citarne alcune: MTV, Teddy, Miroglio, Chiquita, Il Meteo, Huawei.
Come giudica la formazione offerta dalle nostre università nel suo settore?
L’università offre un’ottima base, ma l’esperienza lavorativa rimane indispensabile. Nel 2000 mi ero iscritta all’Università di Udine, la prima ad offrire il corso di Tecnologia web e multimediali. Uno dei motivi per cui ha senso la sede in Friuli sono proprio le ottime università a livello informatico del nord est. Ma ci tengo a sottolineare come in Friuli Venezia Giulia ci siano degli ottimi istituti tecnici e l’importanza che rivestono per la formazione. In particolare l’Istituto Kennedy a Pordenone offre dei corsi informatici post diploma di due anni, molto pratici, mentre a Udine da qualche anno offre un corso sul cloud. In Friuli gli istituti tecnici sono delle eccellenze e in Italia ce ne sono solo 6-7 che offrono corsi specializzati in questo settore.

Se scarseggiano le figure professionali, la parità di genere resta un’utopia in questo settore…
Le ragazze purtroppo sono poche. Per quello che mi riguarda, ho due programmatrici, una a San Giorgio di Nogaro e una a Milano, meno del 10% su 25 dipendenti. A giorni apriremo una sede a Torino proprio perché abbiamo trovato delle professionalità in Piemonte. Cerchiamo di assumere sempre, ma purtroppo ci frena la mancanza di risorse, per questo è impensabile accettare lavori senza garantire la massima qualità.
Le istituzioni vi sono d’aiuto?
Assolutamente. Le istituzioni, soprattutto in Friuli Venezia Giulia, sono molto attente alle nostre esigenze e ci sono state di supporto per superare le criticità. Mi sono rivolta allo sportello per i servizi alle imprese della Regione chiedendo un aiuto per trovare personale. Negli ultimi due anni avevo assunto solo personale fuori dal Friuli Venezia Giulia, ma sono sicura che le professionalità esistono anche qui, ma non riusciamo a raggiungerle. Sono stati messi in campo diversi strumenti che hanno dato i loro frutti.
Il Recovery plan punta molto sulla digitalizzazione…
Digitalizzare le aziende e la pubblica amministrazione è una necessità. Purtroppo la digitalizzazione porta con sé altre criticità su cui riflettere, come il problema della sicurezza dei dati. Nei prossimi anni ci aspettiamo un incremento importante per il Paese nel campo della digitalizzazione. Il Covid ha semplicemente accelerato un processo già in corso e ha reso consapevoli le persone delle grandi prospettive e potenzialità del settore.
Nei prossimi anni è previsto un importante aumento del flusso dei dati. Le nostre aziende sono pronte ad affrontarlo?
Purtroppo no. Non tutte le aziende sono pronte e non dipende dal territorio in cui si trovano le aziende, ma dalla loro grandezza. Le grosse aziende stanno investendo ormai da diversi anni in questa direzione, mentre quelle più piccole nemmeno ci pensano, perché sono cose che vanno progettate nel tempo e non improvvisate. Per semplificare il problema e spiegare il gap, basta pensare che l’80% dei dati a disposizione non sono strutturati, ma abbandonati senza sapere cosa farne. Invece se questi dati fossero “dati in pasto” ad un algoritmo per essere analizzati, potrebbero incrementare o ottimizzare le vendite di un’azienda.
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