“Stando a un rapporto della Fondazione Jamestown, nella prima metà del 2020, il 15% della popolazione tibetana, oltre mezzo milione di contadini e pastori si è arruolato in centri di addestramento di tipo militare per il lavoro nelle industrie. Nel 2019 e nel 2020 la Regione autonoma del Tibet ha introdotto nuove politiche per promuovere la formazione sistematica, centralizzata e su larga scala e il trasferimento dei lavoratori rurali in esubero in altri parti del territorio. Secondo il partito comunista cinese, i tibetani sono persone da riprogrammare: riducendo l’influenza negativa della religione buddista, trasformando il pensiero e l’identità e imparando la legge e il cinese. Per raggiungere risultati significativi la pressione sui funzionari sarebbe molto alta. La presenza di indicatori di coercizione e di indottrinamento mette chiaramente in grave pericolo il patrimonio linguistico, culturale e spirituale della minoranza tibetana. Ho chiesto alla Commissione europea se sia a conoscenza della situazione, quali azioni intenda intraprendere per tutelare i diritti del popolo tibetano e se nei futuri negoziati con la Repubblica popolare cinese terrà conto della campagna di assimilazione forzata nei cosiddetti campi di rieducazione, utilizzata da Pechino nei confronti delle minoranze”.
Lo afferma in una nota l’europarlamentare della Lega, Elena Lizzi, che sul tema ha presentato un’interrogazione all’Alto Rappresentante Ue, sostenuta da diversi colleghi.
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