A lezione di TRAVANUT. SCHELLING: il “genio” romantico

1767

Schelling, Hegel, Holderlin

Friedrich Schelling, Georg W. F. Hegel e Friedrich Holderlin furono compagni di studi nel celebre collegio di studi teologici Stift di Tubinga. Schelling solo quindicenne, con gli altri due ventenni, era un genio. Insieme rovistarono la cultura greca dove la bellezza era esposta e Dio dentro le cose, un Dio uomo che si curava della città e curava se stesso trovando equilibrio e armonia. Una bellezza struggente.

La critica a Fichte

Schelling era cosi geniale che scrisse i suoi capolavori a vent’anni. Lo stesso Goethe si premurò che diventasse assistente di Fichte a Jena. A 25 anni aveva gia’ scritto tutto il programma dell’idealismo estetico. Quando la vicenda volle che Fichte cadesse in disgrazia, proprio il 23enne Shelling divento’ professore ordinario a Jena. Inizio’ a polemizzare sul cuore della teoria di Fichte: la natura ridotta ad essere un non io, non gli tornava. “Porre il non io”. Gia’ la particella “porre” il non io – negazione di qualcosa – non gli garbava. Qualsiasi cosa si pensi, se per Fichte il pensare sta prima in termini logici, per Schelling pensare la cosa e il pensare avvengono lo stesso istante. Se si pensa il bicchiere come faccio a separare il bicchiere dal pensare il bicchiere? Una polemica che produrrà enormi effetti. Non si possono dividere: la cosa e pensar la cosa. Si giunge a un nuovo concetto di Infinito –Assoluto, Tutto-: un’unità indistinta tra pensato e pensiero tra io e no io, tra spirito e materia, tra inconscio e conscio. L’assoluto e’ un’unità indistinta di io-non io.

La metafora di Schelling: il magnete

Un magnete viene spezzato in mille pezzi e ogni pezzetto rimane magnete. Cosi se l’inizio l’assoluto e’ l’unita’ indistinta delle due parti, anche il frammento di ogni parte e’ l’unione di soggetto oggetto, di anima e corpo. Anche la pietra al pari del mio essere e’ un impasto di soggetto e oggetto. Non si puo’ quindi distinguere il pensato dal pensiero. Il grande problema in filosofia non e’ piu’ quello di trovare l’infinito, l’assoluto e il tutto ma e’ quello di spiegare la relazione tra l’infinito, tutto e le parti distinte. Il rapporto tra l’Uno –Dio- e le parti che il mondo consegna.

Schelling si pone il problema di come scrivere sull’assoluto. Si mette di fronte alla condizione di vedere unito, in modo indistinto, il soggetto e l’oggetto. La condizione dei due come identità, che non può essere colta perché non si riesce ad afferrarli come oggetto e soggetto in quanto diventano oggetto del mio pensare. Io divento soggetto e loro diventano oggetto. Vorrebbe ragionare intorno all’assoluto ma si trova in affanno perché nel momento in cui studia tutta quella cosa diventa oggetto fuori dal soggetto.

Allora o comincio dall’oggetto e quindi dalla pietra per arrivare alla soggettività o comincio dalla soggettività per arrivare alla pietra. Due vie obbligate. Due le opere per affrontare il problema: Filosofia della natura e Filosofia trascendentale.

La filosofia della natura

Il Seicento e buona parte del Settecento e’ vinto dal meccanicismo che dominerà la scena del pensiero scientifico per quasi due secoli. Schelling supererà questa fase, non pensando alla natura in termini meccanicistici ma recuperando il pensiero italiano del Cinquecento di Giordano Bruno nel 1802. La filosofia di Bruno: la natura e’ animata, vive. Schelling ovviamente passera’ anche attraverso Spinoza. A fine Settecento nell’ambito della scienza, la biologia diventa importante. La vita viene vista come un organismo, quindi cambia la modalità, l’approccio verso il mondo. Con Schelling entra in auge la modalità organicistica: le cose non sono viste diversificate e urtanti fra di loro o coniuganti per pura casualità, ma formano un tutto organizzato secondo delle finalita’. Quell’assoluto, unità indistinta di soggetto e oggetto, ha a che vedere con la condizione di pensiero organicistico. La pietra e’ una sorta di condizione ottusa del soggetto che non e’ riuscito ad andare oltre. Cos’e’ la natura all’inizio? Non e’ altro che la pietrificazione del soggetto. Si apre così il ventaglio del campo per ogni ente, anche per la pietra. Schelling, diversamente da Fichte, non si occupa solo dell’umano ma del tutto prendendo in esame la pietra. Il tutto e’ impasto di oggetto e soggetto e la finalita’ e’ che la natura diventi oggetto di se stessa, che il soggetto che ne fa parte si liberi per guardarsi. La pietra non puo’ farcela nella visione di Schelling, solo l’uomo puo’ guadagnare quella porzione di aspetto che e’ guardarsi. L’uomo quando pensa se stesso, quando riflette ha raggiunto la finalità della natura. Secondo l’ontologia di Schelling se l’assoluto e’ unione di soggetto e oggetto, se c’è una visione organicistica allora si va verso una finalità il cui punto ultimo e’ l’uomo che pensa se stesso e quindi realizza.

La filosofia trascendentale

Si sviluppa il processo inverso, quello della strada trascendentale. Se si parte dal pensiero per conoscere la cosa si affrontano tre momenti. Il primo quando l’oggetto viene capito attraverso la sensazione, sbilanciata sulla cosa stessa. Il secondo attraverso la riflessione, approccio kantiano con la costruzione del soggetto che coglie la cosa. Il terzo momento –recupera anche Fichte- l’io che pone se stesso. Scaturisce cosi la volontà. Tutte le azioni umane sono azioni di volontà che sorge di fronte alla cosa che in parte conosco e devo utilizzare per il mio scopo (per Fichte corrispondeva alla libertà)

La teoria del genio

Queste due esperienze sono insufficienti, l’unitarietà sfugge. Sia la filosofia della natura che La filosofia trascendentale sono inadeguate. Schelling diventa il padre del Romanticismo artistico. Prende in visione l’azione del genio che produce l’opera d’arte. Un genio, che puo’ raccogliere l’assoluto, ma perche’ questo avvenga ha bisogno di due situazioni in sintonia: l’estro –l’ispirazione- la parte inconscia e la volonta’, la parte conscia. L’opera d’arte e’ l’insieme della soggettività fatta dall’artista e dalla materia –l’oggetto- li c’è l’assoluto, nella bellezza dell’arte. Pur non avendo nessuna capacita anche il fruitore, al pari di chi fa l’opera stessa, è in grado di vedere l’assoluto. Schelling apre così le porte all’irrazionalismo, la ragione non ha piu’ senso.

Schelling-Hegel

Nel 1807 si rompe il sodalizio con Hegel. Nel 1809 Shelling scrive Le ricerche filosofiche sulla liberta umana e cade nella visione irrazionalista. Verra’ messo nel dimenticatoi nel 1807 quando la luce di Hegel iniziera’ a brillare tanto che dal 1818 non ci sarà spazio per nessun altro pensatore. Hegel morirà’ nel 1831 e nel 1841 il governo prussiano darà la cattedra di Berlino a Schelling. Ma la fortuna di Scelling durerà poco. Ma prima di questa seconda chance, come si diceva, c’è stato Hegel: “Le cose han da attraversare il negativo…” Schelling invece pensava positivo, e dal suo pensiero sono nati due filoni: l’irrazionalismo e il positivismo.

Il primo dicembre sarà la volta di Hegel: sette lezioni per permettere allo sguardo di incontrare “una luce che potrebbe far male allo sguardo” suggerisce, sottovoce, Travanut.

PER LE ALTRE LEZIONI CLICCA QUI