La logica trascendentale viene suddivisa da Kant in due parti: analitica trascendentale e dialettica trascendentale. L’uomo, secondo Kant, ha bisogno di trascendere e dell’infinito. Non puo’ essere vinto dalle condizioni del limitato, può stare dentro la particolarità ma di tanto in tanto gli viene il desiderio di acchiappare ciò che sta oltre la normalità. Il filosofo di Konigsberg parla della sensibilità nell’estetica trascendentale, dell’intelletto nell’analitica trascendentale e della ragione nella dialettica trascendentale. La ragione viene adoperata da Kant in due accezioni distinte e diverse: la ragione in senso lato come insieme della soggettività, e la ragione in senso stretto. Subentra la differenza tra intelletto e ragione che lo stesso Hegel terrà presente. Intelletto e ragione sono due funzioni diverse: l’intelletto distingue oggetto per oggetto, la ragione ha a che vedere con l’infinito.
L’appercezione trascendentale
Un concetto da capire e’ l’appercezione trascendentale, termine adoperato da Leibiniz, prima dell’intervento Kantiano volto a unire il pensiero continentale e quello anglosassone. Quando l’oggetto viene percepito dalla mia mente interviene una seconda percezione, la percezione della percezione. Il mondo e’ di enti. Le relazioni fra gli enti la crea l’uomo che e’ legislatore del mondo. Gli enti senza l’io che guarda, non sarebbero relazionati. Secondo Kant: “se faccio esperienza di un condizionato allora mi sara’ data subito una condizione di assoluta incondizionatezza.” Utile e’ l’esempio della sedia. La sedia e’ all’interno di contesti spaziali: il pavimento diventa il contesto più importante. Una condizione condizionata. La sedia e’ condizionata dal pavimento che e’ condizionato dal parquet che e’ condizionato dalla soletta che e’ condizionata dalle travi e così via… Una serie di condizioni condizionate che vanno all’infinito, che prese, diventano assoluto. Aver raggiunto la somma dell’infinito e’ un assoluto incondizionato. In qualsiasi condizione relativa a un oggetto condizionato, la ragione puo’ raggiungere il concetto di assoluto.
Disputa con i metafisici
Nasce una grande disputa tra Kant e i metafisici che vogliono conoscere l’assoluto. Per Kant invece sbagliano, perché la serie non e’ omogenea ma eterogenea: a un certo punto dopo la miliardesima esperienza si cade nel pensato, quindi una parte e’ fatta per esperienza diretta l’altra per fantasia razionale, per cui la serie e’ eterogenea. Kant non tradisce Hume: la conoscenza può essere tratta solo dall’esperienza per cui e’ piena e non e’ cieca perché si usa l’intelletto. Questa e’ la grandezza: la fusione della cultura continentale con quella anglosassone. Per conoscere dunque si deve: fare esperienza e illuminarla con le categorie e con la soggettività.
L’idea
L’idea secondo Hegel-Paltone: che cos’e un ente. L’idea secondo David Hume: la rappresentazione che noi abbiamo indirettamente della percezione’. L’idea secondo Kant: il contenuto dell’assoluto incondizionato. E’ un’idea trascendentale. Se non avessi l’idea dell’assoluto incondizionato non potrei aprire l’orizzonte per fare l’esperienza ed arrivare al giudizio sintetico a priori. Tre le idee: anima, mondo e Dio che ci permettono di fare la conoscenza dell’esperienza degli oggetti.
Kant e Sant’Anselmo
Kant dimostra che la dimostrazione dell’esistenza di Dio e’ sbagliata. Il che non significa che Dio esista o meno ma semplicemente che non posso dimostrarlo. Le prove dell’esistenza di Dio sono diverse. Quella ontologica di Sant’Anselmo e’ la piu’ importante. Dio e’ il concetto di perfezione a cui non può mancare nulla: se mancasse qualcosa non sarebbe perfetto, quindi se e’ perfetto deve esistere per forza, altrimenti non sarebbe perfetto. Kant usa tre prove per smontare Sant’Anselmo. La prima: come posso pensare di conoscere Dio se non conosco nemmeno la sedia? Non posso conoscere nulla al di fuori delle immagini che mi sono date, perché la conoscenza e’ la mia prigione e non posso uscire dalla conoscenza. La seconda quando dice: “esiste un concetto quello di perfetto che non può mancare di nulla”, inserisce qualcosa che deve essere dimostrato alla fine, invece e’ messo all’inizio. La terza: c’e’ un certo ente che esiste: e’ un giudizio che puo’ essere o analitico o sintetico. Supponiamo sia analitico: esplicita ciò che già so e deve necessariamente rispettare il principio di non contraddizione. “Quindi esiste” e’ la conclusione di Sant’Anselmo, se fosse analitica quel “quindi esiste” non ha senso. Se non e’ analitica allora e’ sintetica e aggiunge una conoscenza al soggetto. Se così fosse posso negare senza cadere in contraddizione. Se nego l’esistenza di Dio non cado in contraddizione. Alla fine dimostra che la mente umana non e’ nella condizione di conoscere Dio, ne’ l’anima e ne’ il mondo. Può conoscere l’esperienza come fenomeno che organizzo come legislatore di ciò che mi appare.
La Critica della Ragion Pratica 1788
Critica della ragione: quando tu soggetto sei libero di fare un’azione. Viene quindi introdotto il concetto di libertà. La critica della Ragion Pratica e’ un fascicolo più piccolo perché racconta solo di azioni umane. Faccio esperienza della mia libertà anche solo camminando. Siamo costantemente dentro un mondo della libertà che si trova accanto al mondo della natura e della conoscenza. Kant dice che siamo liberi ma non possimmo dimostrarlo. Kant suppone che tu possa essere condizionato. Non si può dimostrare di essere liberi ma ciò non significa che non lo siamo.
Il postulato di libertà
Kant dice che non può dimostrare di essere libero ma lo postula. La geometria ha cinque postulati. Per esempio il quinto: data una retta e un punto esterno ad una retta, c’è solo una retta che passa per tale punto che e’ parallela a quella data. Kant fa come Euclide: postula la libertà. Non posso dimostrarla, ma la vivo. L’uomo, infatti, pur non potendo dimostrare di essere libero, fonda tutta la sua esistenza sulla libertà. La liberta’ non ha cause. Se volessi, per esempio, essere un grande matematico dovrei organizzare il mio mondo per essere abile nell’ambito della matematica. Sono libero di decidere di diventarlo, però per diventarlo “devo”. Questa e’ una condizione di abilita’. Poi ci sono le condizioni di prudenza per ottenere felicita’ o per non perderla: se desidero avere un’anzianità decente risparmio per la vecchiaia. Siamo di fronte a degli imperativi ipotetici: io ipotizzo di diventare un grande matematico quindi “devo”, che non hanno a che vedere con la morale. Se hai un interesse al di fuori non sarà morale, sara’ invece la chiave di volta per la distruzione della morale. Il conferire valore a cio’ che e’ esterno (diventare un matematico, essere felice…) non e’ morale.
L’imperativo categorico
Solo l’imperativo categorico e’ morale. Sulla lapide di Kant e’ scritto “Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me”. L’imperativo e’ dentro di noi. La morale kantiana e’ universale cosi che tutti quanti possiamo utilizzarla. E’ una morale autonoma. “Se voglio diventare un grande matematico devo studiare matematica giorno e notte…” ma il “devo” deve essere messo prima del “se”. Il dovere e’ all’inizio, cosi la massima seguita diventa un principio universale. Quando devi decidere, devi appellarti al legislatore universale: immagina un altro al tuo posto e chiediti cosa farebbe l’altro. A tutti noi e’ dato anche dire “no”. Inoltre, un altro concetto molto importante: se devi agire verso il genere umano, ma anche verso te stesso, l’altro non deve essere un mezzo ma un fine. In conclusione Kant rispecchia la rivoluzione francese: libertà, fraternità e uguaglianza.
La colomba Kantiana
La colomba vola e fende l’aria e immagina che senza la resistenza di questa il suo volo sarebbe migliore, ma senza l’aria il volo non potrebbe esistere. L’aria permette di volare, quindi la morale (il devi) si misura costantemente con gli ostacoli (l’aria); Kant unisce cosi il “mondo della liberta’” al “mondo delle cose reali”.
La prossima lezione sara’ giovedi 10 novembre… “quando Kant verra’ superato” Parola di Travanut.