Intelligenza vivace e parlantina spigliata, Aldevis Tibaldi, conosciutissimo nella Bassa Friulana per le sue battaglie nel Comitato del Friuli Rurale è stato prima di tutto un viaggiatore. Parla quattro lingue, affascina con storie di paesi lontani. Anni e anni di viaggi, un lungo soggiorno a Roma e poi il ritorno in Friuli, a Porpetto per amore della famiglia e della terra.
Aldevis, dove nasce?
In Friuli, da papà friulano e mamma slovena, ma mi sono Trasferito a Trieste molto piccolo dove ho vissuto fino agli anni universitari.
Aveva suo sogno nel cassetto?
Insegnare, mi sarebbe piaciuto moltissimo. Invece il destino ha deciso altrimenti. Sono entrato giovanissimo nella società privata Studio Geotecnico Italiano con sede a Milano e per molti anni ho girato l’Italia e il mondo seguendo progetti ingegneristici.
Quali paesi ricorda con più piacere?
Credo di averli visitati quasi tutti (ride)… ne mancano davvero pochi. Mi rimangono meravigliose immagini del Sud Corea, dell’Equador e del Salvador. Anche il Tibet mi ha colpito molto, ma l’ho visitato da turista.
I paesi arabi e gli Stati Uniti?
Ho girato in lungo e in largo tutto il mondo arabo. L’Iran pre Khomeini era un paese che definisco comodo, cambiato poi radicalmente, l’Iraq una terra con un popolo molto amichevole. Negli USA dove ho soggiornato per studio, ero affascinato dalla semplicità dei ragionamenti e dal pragmatismo, la lingua riflette perfettamente il loro modo di pensare.
Le sue città preferite?
San Francisco indubbiamente, Istanbul degli anni settanta e… e Roma dove ho vissuto venticinque anni e che aveva un tessuto sociale meraviglioso. Sono innamorato della vita, sono un ottimista per dovere.
Immagino abbia conosciuto moltissime persone…
Certamente. Ho un carattere dominante in senso buono, non sono un subordinato per natura, credo non ci sia vita senza un conflitto ideologico e un confronto continuo.
Una parentesi romana molto lunga nella sua vita…
Ho vissuto a Roma dal 1985 al 2000 circa, nel 1986 sono entrato nell’IRI come dirigente, non è stata una bella esperienza, tanto che ho deciso di andarmene prima di aver maturato la pensione
Racconti della sua passione per i briganti…
Avevo aperto un museo sul brigantaggio negli anni Ottanta, vicino a Sonnino. Ero capitato per caso nelle terre del brigante Gasbarrone, ho comprato un rudere che poi ho restaurato. Erano esposti libri e iconografie, tutto quello che riguarda la letteratura sul ribellismo popolare. E’ stato chiuso perché non era garantita la sicurezza per le opere esposte e dopo qualche furto non c’è stata scelta. Ho allestito anche in Friuli una mostra sul brigantaggio nella Chiesa di Sant’Antonio a Udine.
La festa dei briganti?
A Sonnino per anni ho organizzato la festa dei briganti, praticamente dalla fine degli anni Ottanta a tutti gli anni Novanta. Venivano cantanti popolari dall’Abruzzo. Un meraviglioso incontro fra un popolo di pastori e di intellettuali… mi riempiva la vita.
Perché la passione per i briganti?
Ho scoperto un mondo associale, di forte matrice arcaica. Una situazione che non ho percepito per esempio in Salvador durante la guerriglia di fine anni Ottanta. I guerriglieri erano un mix di contadini e intellettuali proveniente dalle UCLA università sostanzialmente di matrice gesuita.
Perché il ritorno a Porpetto?
Per motivi famigliari. Il papà aveva bisogno di me ed era giusto ritornassi. Poi mi sono fermato e la mia vita è cambiata radicalmente.
Quando e perché nasce il Comitato per la vita del Friuli Rurale?
Nasce nel 2007, quando un gruppo di agricoltori mi ha chiesto aiuto sulla questione elettrodotto. Già in precedenza mi ero occupato di questa problematica a titolo personale, così ho deciso di mettere le mie competenze e la mia esperienza a disposizione della comunità.
Tanta la carne al fuoco oltre al problema elettrodotto?
(Ride)… dalla TAV alle speculazioni sulle cave, dal rigassificatore all’Aussa Corno. Seguiamo il problema fontane e in generale tutto il sistema elettrico regionale.
I mass media vi aiutano?
All’inizio indubbiamente. Poi c’è stato il blocco dei poteri forti, una ragnatela che ha imbavagliato il sistema. Troviamo comunque gli spirargli, il metodo migliore rimane parlare direttamente alla gente.